PALERMO – Pagliarelli, Porta Nuova, Bagheria e Ciaculli: quattro mandamenti con interessi economici in comune. Senza gli incassi della droga le famiglie mafiose sarebbero finite da un pezzo sul lastrico. E così parlare oggi di Cosa Nostra significa dovere fare i conti con gli affari della polvere bianca.
I boss si sono impegnati in prima persona e questo ha aumentato il rischio di subire stangate processuali. Ma è un rischio che hanno dovuto correre, ne valeva e ne vale della sopravvivenza dell’intera organizzazione criminale. Il mensile “S” in edicola dedica uno speciale ai segreti della droga. E c’è pure chi ne avrebbe approfittato, tradendo la fiducia di chi comanda. Insomma, qualcuno ha tramato alla spalle dei capi mandamento, lavorando sottobanco. Sarebbe accaduto a Porta Nuova dove il leader indiscusso è Gregorio Di Giovanni, arrestato lo scorso dicembre con l’accusa di avere fatto parte della nuova cupola scompaginata dai carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale.
Dietro i traffici c’era la regia, oltre che di Di Giovanni, anche di Settimo Mineo, l’anziano capomafia di Pagliarelli che ha presieduto la riunione della nuova commissione provinciale di Cosa Nostra. Ai suoi ordini si sarebbero mossi Filippo Annatelli, capo della famiglia di corso Calatafimi, Salvatore Mirino ed Enrico Scalavino. I primi due sono stati arrestati nel blitz dello scorso dicembre, mentre Scalavino è uno dei tantissimi nomi che fanno capolino nelle indagini. Scalavino, soprannomina muschidda, è stato scarcerato nel settembre 2017. A gestire l’affare della droga a Porta Nuova agli ordini di Di Giovanni sarebbero stati, invece, Salvatore Pispicia e Gaspare Rizzuto, entrambi finiti in manette a dicembre. Finora le contestazioni si sono concentrate sull’associazione mafiosa, ma il capitolo droga è tutto in divenire. È già emerso, però, che per gli stupefacenti c’era una sorta di deroga al rispetto dell’iter gerarchico che prevede l’intervento diretto dei rispettivi reggenti dei mandamento. Come dire, i capi avevano impartito gli ordini e chi guidava la macchina degli stupefacenti si muoveva con un certa autonomia.
Di Giovanni è un boss che si è sempre sporcato le mani con la droga. Di lui il pentito Salvatore Bonomolo ha raccontato che “lo conosco da quando ero ragazzino, però nel 2003 ho avuto a che fare con lui: mi dava della cocaina; un chilo di cocaina ci dette una volta. È combinato nella famiglia di Porta Nuova, lo combinò mio cugino Agostino, insieme con Tommaso Lo Presti. Allora, lui mi pare che fu combinato verso il 2002, una cosa di queste… ed il padrino di lui fu Andronica Pino; ed il padrino di Tommaso Lo Presti fu mio cugino. Tutti i verbali sul mensile “S” in edicola.