Messina Denaro, la saga dei covi e le bocche cucite

Il covo ‘diffuso’ di Messina Denaro: quali case aprono le altre chiavi?

Il latitante della porta accanto. Le ultime indagini portano ad un box

PALERMO – Avete presente l’albergo diffuso, nuova formula di accoglienza turistica in dimore, per lo più case, che si trovano all’interno dello stesso nucleo urbano?

Matteo Messina Denaro l’aveva riadattata alle sue esigenze di fuggiasco, dando vita al modello del covo diffuso.

Con una differenza sostanziale. I racconti dei turisti fanno bene al territorio, le gesta del latitante lo mortificano.

Le ultime notizie ci dicono che il padrino prima di morire ha avuto a disposizione un paio di garage e altrettanti appartamenti. Luoghi di incontri, probabilmente anche garçonnière, di un mafioso che non se ne stava rintanato, nascondigli quando sentiva il fiato degli investigatori sul collo.

La vita normale del latitante

Capitava, certo che capitava, di sentirsi braccato. Ma i momenti di tensione, a giudicare dal suo stile di vita, sembrano parentesi in un contesto di serenità e non il contrario.

Dunque riepilogando: andava a fare la spesa in una gastronomia in via Gaetano Daita, si faceva tatuare in via Isidoro La Lumia, versava soldi in uno sportello bancario in corso Calatafimi, comprava una macchina in via Tasca Lanza (tutti indirizzi a Palermo) e in una concessionaria Carini.

Iddi tornava a casa

Tutto questo mentre le forze dell’ordine rastrellavano ogni centimetro della provincia trapanese. Iddu tornava come se nulla fosse nei suoi appartamenti in via San Giovanni prima e in vicolo San Vito (già via Cb 31) a Campobello di Mazara poi, dove ha diretto in prima persone le operazioni di trasloco.

Si metteva comodo sul divano e guardava il Dvd di “Robin Hood”, “Rambo” o “Attacco al potere”. Poi usciva, andava al ristorante o a casa di amici per il pokerino.

Il garage dei misteri

Il garage individuato per ultimo si trova in via Castelvetrano a Mazara del Vallo. Gli investigatori ci sono arrivati partendo dalle chiavi trovate nella macchina di Messina Denaro, in casa della sorella Rosalia e dell’operaio comunale Andrea Bonafede (persona diversa dal geometra che gli ha prestato l’identità) che lo ha accompagnato nei giorni in cui è stato visitato e operato una prima volta all’ospedale di Mazara del Vallo.

Il punto è che di chiavi in via Cb31, ultimo covo prima dell’arresto, ne sono state trovate decine che aprono altrettanti immobili. Non tutti potrebbero essere in Italia.

Ci sono degli elementi che fanno pensare a interessi economici e punti di appoggio all’estero. “Ero all’estero signor presidente”, disse per altro il capomafia nel corso di un’interrogatorio.

Matteo Messina Denaro alias Andrea Bonafede, Massimo Gentile, Francesco Salsi si è infilato nelle vite degli altri e le ha rovinate. Ci sono persone incensurate che sono state condannate a pene pesantissime.

Tra di loro c’è un patto che va al di là delle logiche mafiose, entrano in ballo dinamiche la cui fenomenologia andrebbe studiata. Un patto che resiste alla morte del latitante. Le bocche restano cucite.

Come cucite lo erano e lo sono, almeno per ora, quelle delle persone che lo incontravano al bar, al panificio o al supermercato. Nessuno si è fatto troppe domande. E non è solo una una questione di paura.

Ci vuole tempo – una variabile che non condiziona la pazienza della Direzione distrettuale antimafia di Palermo – ma la ricostruzione degli spostamenti, dei rifugi e delle connivenze di Messina Denaro prosegue.


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