PALERMO – I carabinieri hanno notificato un fermo, emesso dalla Dda di Palermo, nei confronti di Luca Mantia, 32 anni di Termini Imerese. È accusato, in concorso con altri, di omicidio premeditato, aggravato dall’uso delle armi e dal metodo mafioso. Mantia, secondo le indagini e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea e Francesco Lombardo e Massimiliano Restivo, era l’autista dei killer che la notte tra il 24 ed il 25 ottobre 2009, ad Altavilla Milicia, assassinò a colpi di pistola, sotto la propria abitazione, Vincenzo Urso, giovane imprenditore che entrò in contrasto con i componenti della famiglia mafiosa locale. Nel gennaio 2017 erano finiti in manette Francesco e Andrea Lombardo accusati di essere i mandanti del delitto. Secondo quanto accertato dai carabinieri della compagnia di Bagheria, l’omicidio è stato pianificato per togliere un concorrente nel settore del movimento terra. Urso non aveva il “rispetto” dovuto alle famiglie mafiose e così fu ucciso.
L’omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso commesso ad Altavilla Milicia il 25 ottobre del 2009 fu deciso da Francesco Lombardo, capo mafia della zona, adesso collaboratore di giustizia, per paura che la vittima potesse raccontare della collaborazione tra lo stesso Lombardo e i Servizi segreti. E’ quanto emerge nell’ordinanza che ha portato al fermo di Luca Mantia, 31 anni, di Termini Imerese autista del commando che fece fuoco contro l’imprenditore. A fare luce è Andrea Lombardo, figlio di Francesco, anche lui collaboratore di giustizia. Francesco Lombardo era preoccupato da quanto poteva raccontare Urso sulla sua collaborazione dopo che l’imprenditore aveva rotto la relazione con la propria figlia.
“Come ben sapete – ha detto Andrea Lombardo nel corso di un interrogatorio – mio papà già da tempo collaborava con i Servizi segreti, questa voce era arrivata all’orecchio di altre persone, diciamo a livello mafioso, e naturalmente si ripercuoteva su mio papà; era arrivata anche a Vincenzo Urso perché mio papà gli aveva dato la confidenza, come l’avevo io la confidenza; lo sapevano anche gli inquirenti, eravamo a conoscenza della collaborazione di mio papà con i Servizi segreti sia io che l’ex cognato Vincenzo Urso”.
(ANSA).