PALERMO – Il clima alla Noce era ed è rimasto pesante. Non sarebbero bastati gli arresti per il brutale pestaggio subito da un commerciante per diradare la cappa mafiosa sul quartiere palermitano.
Alcuni testimoni della drammatica aggressione a martellate dell’11 novembre di due anni fa sarebbero stati avvicinati per rendere dichiarazioni favorevoli agli imputati. Non sapevano, però, che c’era una telecamera a riprendere tutto. La circostanza è emersa nel corso del processo. I pubblici ministeri Gianluca De Leo, Francesco Del Bene, Annamaria Picozzi e Amelia Luise hanno annunciato che depositeranno gli esiti di nuove attività d’indagine che comprendono anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Danilo Gravagna, il quale tira in ballo uno degli imputati.
Giuseppe Castelluccio e Massimiliano Di Majo sono stati condannati nei mesi scorsi a 16 anni ciascuno di carcere con il rito abbreviato, mentre davanti al Tribunale sono imputati Carlo Russo, Giovanni Buscemi, Marco Neri, Angelo De Stefano e Cherki El Ghana. Secondo l’accusa, il titolare di una bottega di prodotti per la casa sarebbe stato selvaggiamente picchiato perché non avrebbe chiesto “l’autorizzazione” prima di aprire il locale e poi si sarebbe rifiuto di pagare il pizzo.
Gravagna, neo pentito del clan di Porta Nuova e specializzato nelle rapine ai Tir, avrebbe messo a verbale che un carico di merce rubato ad un autotrasportatore sarebbe finito negli scaffali di Buscemi che ha un supermercato alla Noce. Sono, però, le presunte minacce ai testimoni che preoccupano gli investigatori. Una telecamera piazzata all’interno del negozio avrebbe immortalato la visita di alcuni abitanti del quartiere che, senza sapere di essere ripresi, avrebbero ammesso di avere subito pressioni per rendere dichiarazioni favorevoli agli imputati. Il commerciante, parte civile nel processo, ha presentato una denuncia tramite gli avvocati di Addiopizzo, Salvatore Caradonna, Valerio D’Antoni e Salvatore Forello.
Il pestaggio del 2013 avvenne in pieno giorno. Un’azione dimostrativa, secondo l’accusa, per fare capire a tutti che la regola del pizzo restava ferrea. E nessuno poteva violarla. A cominciare da Castelluccio, che a soli 37 anni sarebbe diventato il nuovo capomafia della Noce. Da falegname a presunto boss. Il blitz della sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile prese le mosse dalle immagini di una videocamera di sicurezza. Il piccolo negoziante, appena finita di scontare una pena, aveva deciso di aprire un negozio di detersivi nel cuore del popolare quartiere palermitano, E si sarebbe subito scontrato con il clan che gli contestò di non avere chiesto l’autorizzazione per aprire l’attività commerciale e di non essersi messo a posto. I boss pretendevano tremila euro, poi scontati del cinquanta per cento. E così scattò la spedizione punitiva ricostruita successivamente dallo stesso commerciante.
“Sei uno sbirro, un cornuto e sbirro”, gli urlavano. E giù botte con un grosso martello: “Ricevuto il primo colpo all’occhio sono caduto per terra – raccontò la vittima – mi colpiva come una furia ripetutamente alla testa e sentivo i calci che mi sferravano altre persone”. Anche il fidanzato della figlia cercò di fermare la furia degli aggressori. Furono necessari due mesi di ricovero in ospedale per curare le ferite al volto e alla testa. Gli hanno dovuto mettere una placca nel cranio.
Quando il commerciante venne avvicinato dagli esattori commise l’errore di cercare la mediazione di un amico che lo rassicurò: gli avrebbe fatto ottenere uno sconto. Poi, il rifiuto: non pago. E quella frase: “Vi denuncio”. E così al negozio si sarebbe presentato Castelluccio, a cui disse che voleva cambiare vita e che era andato dai poliziotti. Era un bluff, ma la spedizione punitiva scattò lo stesso.