Fermo posta Messina Denaro | "Affari e soldi: gli ordini del boss" - Live Sicilia

Fermo posta Messina Denaro | “Affari e soldi: gli ordini del boss”

Il cugino del padrino di Castelvetrano, Lorenzo Cimarosa, svela le vie di comunicazione del superlatitante. I pizzini vanno ritirati e cosegnati a casa della sorella del capomafia. Devono essere letti e subito bruciati. L'ultimo è stato spedito il 31 ottobre scorso. E spunta un possibile contatto con i familiari di Totò Riina.

IL RETROSCENA
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PALERMO – La casa di Patrizia Messina Denaro era la stazione di posta del fratello latitante. I pizzini, in entrata o in uscita, dovevano essere letti e immediatamente distrutti. Tutto questo fino ad ottobre scorso. E spunta pure un contatto con i familiari di Totò Riina. O, meglio un contatto cercato ma mai ottenuto.

A raccontarlo è il cugino del boss di Castelvetrano. Quel Lorenzo Cimarosa che ha deciso di diventare un dichiarante “poiché io e tutta la mia famiglia siamo stanchi di subire arresti, condanne e sequestri per causa di Matteo Messina Denaro, il quale pensa solo a stesso e a gestire la sua latitanza”. Un impegno gravoso che lo avrebbe costretto di recente, addirittura forse nei primi mesi di dicembre, a rifiutare di “incontrare” il genero di Riina “che ha cercato di mettersi in contatto con Matteo Messina Denaro”. Perché mai? Forse per cercare di trasmettere ordini dal carcere di Opera dove Riina negli ultimi tempi ha pure minacciato pesantemente di morte i pubblici ministeri del processo sulla trattativa Stato-mafia. Supposizioni, tutte al vaglio degli investigatori.

Di certo c’è il sistema di comunicazione dell’ultimo padrino latitante di Cosa nostra descritto da uno dei protagonisti, che ha chiesto di essere interrogato dai pubblici ministeri Marzia Sabella e Paolo Guido. Le sue dichiarazioni hanno contribuito a tenere in carcere sia la sorella del capomafia che il nipote Francesco Guttadauro, arrestati il 13 dicembre scorso. Per entrambi il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione. Protagonista indiscussa del sistema di comunicazione del latitante è Patrizia Messina Denaro. La sorella avrebbe un contatto diretto con il padrino corleonese presente sul territorio.

“Messina Denaro comunicava con Giovanni Filardo attraverso il sistema dei pizzini – ha spiegato Cimarosa –. In un’occasione, Giovanni Risalvato (imprenditore di recente condannato a 14 anni di carcere ndr) mi mostrò un pizzino del latitante, spiegandomi che ciascuno era singolarmente destinatario della corrispondenza con Messina Denaro”.

E un giorno toccò anche a Cimarosa ricevere comunicazioni dal capo: “Dopo l’arresto di Filardo (finì in carcere due anni, fa ma poi venne assolto ndr), avevo riferito a Francesco Guttadauro (che sapevo essere in contatto con il latitante) – ha proseguito Cimarosa – di non volermi più occupare della gestione degli appalti. Per parlare con Francesco mi rivolsi ad Antonino Lo Sciuto (persona di assoluta fiducia di Giovanni Filardo). Il Guttadauro prese atto e mi disse di essere d’accordo. Dopo una settimana mi incontrai con lui e mi comunicò che non avrei dovuto più occuparmi dei lavori”.

E si arrivò al recentissimo pizzino: “Alla fine del 2013 ricevetti una telefonata da Patrizia Messina Denaro che mi disse di avere problemi idrici a casa. Appena arrivato lì Patrizia mi consegnò un pizzino scritto dal fratello Matteo e a me destinato contenuto in una busta gialla”. Cimarosa lo ricorda bene: “Era una lettera su due fogli A4 scritti a mano su un’unica facciata e firmata ‘Matteo’. Lui mi salutava e ringraziava per ciò che stavo facendo per i suoi familiari. Mi invitava poi a disinteressarmi degli affari economici della famiglia perché lui aveva incaricato altri di gestire il tutto. Concluse dicendomi che di questa decisione avrebbe provveduto lui stesso a informare Ciccio, intendendo Francesco Guttadauro”.

Infine, il gesto per evitare di lasciare tracce: “Patrizia mi ordinò di bruciare il pizzino dopo averlo letto e mi rappresentò che, per consegnare il pizzino da far giungere al fratello mi sarei dovuto da lì a poco tenere pronto. Ciò avvenne però solo il 31 ottobre scorso. Come al solito mi convocò 4, 5 giorni prima con la solita scusa, arrivai a casa da lei, senza parlare mi scrisse su un pezzo di carta di consegnare il pizzino da recapitare al latitante, sempre a casa sua, il successivo 31 ottobre entro e non oltre le 4 del pomeriggio. Cosa che il feci puntualmente, recandomi a casa di Patrizia quel giorno e consegnandole una lettera su un foglio di computisteria (nella quale oltre a salutarlo lo rassicuravo di avere eseguito le sue disposizioni”.

Da allora, stop alle comunicazione dirette, seppur mediate da Patrizia Messina Denaro, con il latitante: “Da quel momento ho avuto come interlocutore solo Francesco Guttadauro il quale, ad un certo punto, mi rappresentò la necessità di grosse somme di denaro da fare arrivare al latitante. Ho versato a Guttadauro in più tranche 60 mila euro a Guttadauro (proventi dei lavori Vento di Vino). L’ultimo versamento di 8 mila euro l’ho fatto nello scorso ottobre. Ho consegnato il denaro in contanti a Francesco Guttadauro nel negozio di Belicittà”. Si tratta dei soldi di cui parlavano in un’intercettazione Giovanni Santangelo, zio materno del latitante, e la sorella Rosa. Dei soldi che “gli servivano. Gli servivano… a Mattè”, forse per lasciare il suo ultimo rifugio.

A proposito di imprese e lavori, Cimarosa ha raccontato che Filardo si sarebbe occupato, attraverso la sua ditta, delle necessità della famiglia Messina Denaro. Tra gli arrestati del blitz trapanese, accusato di avere fittiziamente intestato i beni ai figli, Filardo nel frattempo è stato scarcerato, prima ancora che si conoscessero le dichiarazioni di Cimarosa. “La “BF Costruzioni è formalmente di proprietà di Giovanni Filardo, – ha messo a verbale Cimarosa – ma in realtà, per quanto mi consta, vi sono messi di fatto di proprietà di Vincenzo Panicola (marito di Patrizia Messina Denaro e anche lui in cella ndr) e Filippo Guttadauro (padre di Francesco, detenuto da anni ndr). Filardo ha sempre tenuto i contatti con Cosa nostra trapanese per conto di Matteo Messina Denaro. Filardo – ha proseguito – aveva rapporti con tutti i capimafia della provincia con cui regolava e concordava e metteva a posto lavori e appalti. Ciò mi è stato riferito in più occasioni da Lo Sciuto. Patrizia Messina Denaro, appena arrestato il Filardo si è presentata e ha preteso le percentuali sui lavori della BF. Filardo aveva disposto che dalla BF si consegnasse uno stipendio alla cugina patrizia per campare la famiglia. Ho personalmente ristrutturato la casa di Patrizia per lavori per circa 60 mila euro”.

A proposito di affari, Cimarosa, in particolare, ha ricostruito quello del parco eolico Vento di Vino di Mazara del Vallo. La committente Fera si era rivolta alla Cedelt che gestiva il cantiere per estromettere le imprese legate al clan di Castelvetrano. Cimarosa e Filardo avrebbero avuto il controllo degli appalti. “La Cedelt si rivolse a Nino Durante (fratello di Davide, ex presidente di Confindustria Trapani ndr) – ha spiegato il cugino del latitante – ma quest’ultimo non avendo personale e mezzi specializzati su tali lavori si rivolse sempre a Lo Sciuto. Ad un certo punto io e Lo Sciuto ci recammo ad Avellino e concludiamo l’affare con la Cedelt. Successivamente stipuliamo i contratti come MG e BF. Ribadisco che dai proventi dell’appalto che MG svolse in quel campo eolico trassi i 60 mila che Francesco Guttadauro mi chiese per il latitante”. Si tratta di una conferma di quando avevano già ascoltato i carabinieri del Ros. Un responsabile della Cedelt, captato dalla microspie, diceva: “Dopo tutto quello che è successo all’impresa di Filardo noi non possiamo più procedere con loro… Il messaggio che hanno voluto dare loro e’ di avere a che fare con un’impresa che è tranquilla magari che è di Confindustria…”.

 


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