Mafia, maxi-sequestro ai Niceta | Negozi, ville e società per 50 milioni - Live Sicilia

Mafia, maxi-sequestro ai Niceta | Negozi, ville e società per 50 milioni

Uno dei negozi Niceta finiti sotto sequestro

Ci sarebbe la mafia dietro la scalata dei Niceta, imprenditori palermitani tra i più noti del settore dell'abbigliamento. E l'ipotesi investigativa porterebbe dritto a Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano. Guarda il video del sequestro.

palermo e trapani
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PALERMO – Ci sarebbe la mafia dietro la scalata dei Niceta, imprenditori palermitani tra i più noti nel settore dell’abbigliamento. E l’ipotesi investigativa porta dritto agli interessi economici di Matteo Messina Denaro e Bernardo Provenzano.

Scatta il sequestro per il patrimonio di Mario Niceta e dei figli Massimo, Pietro e Olimpia. Vale 50 milioni di euro e comprende le società che gestiscono una serie di negozi a Palermo (in via Roma, Corso Camillo Finocchiaro Aprile, viale Strasburgo e via Ruggero Settimo con il marchio Olimpia) e a Trapani. Blue Spirit e Niceta Oggi all’interno del centro commerciale Belicittà di Castelvetrano. Il lavoro prosegue regolarmente, ma in amministrazione giudiziaria.

Si tratta di un doppio sequestro. Sono stati eseguiti, infatti, due distinti provvedimenti disposti dalle sezioni Misure di prevenzione dei Tribunali di Palermo e Trapani, chiesti e ottenuti dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi e dal sostituto Piero Padova della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, e dal questore trapanese Carmine Esposito. Ad eseguirli sono stati, a Trapani, gli agenti della divisione Anticrimine e, a Palermo, i finanzieri e i carabinieri del Ros. Quest’ultimi hanno effettuato la fetta più consistente dell’operazione. Sono gli stessi militari che partecipano anche alla caccia al superlatitante di Castelvetrano. Sotto sequestro sono finite pure due ville, a Mondello e Cefalù, conti correnti e depositi bancari.

Nel 2009 i fratelli Massimo e Piero Niceta avevano pure ricevuto un avviso di garanzia per intestazione fittizia di beni. Sul fronte penale c’è una richiesta di archiviazione che, però, non ha bloccato le indagini patrimoniali. Come dire, non è stato possibile contestare ai Niceta reati legati alla mafia, ma le loro fortune imprenditoriali, secondo gli inquirenti, sarebbero targate Cosa nostra.

Di Mario Niceta, il padre, si iniziò a parlare negli anni Novanta, quando si occupava ancora di calcestruzzo. Diversi collaboratori di giustizia lo definirono vicino al clan mafioso di Brancaccio. Nel 2009 toccò ai figli essere tirati in ballo. Siamo nei giorni dei blitz Golem della squadra Mobile di Trapani, allora diretta da Giuseppe Linares oggi alla Dia di Napoli, che smantellò una rete di fiancheggiatori del latitante di Castelvetrano. Saltò fuori un pizzino. “Carissimo amico mio – scriveva Matteo Messina Denaro a Salvatore Lo Piccolo – ricevo la sua lettera e le rispondo immediatamente. La ringrazio di avere trovato il tempo di occuparsi della vicenda del mio amico massimo n. con lui non ho potuto parlare in quanto è fuori per le ferie sono comunque certo che non avrà difficoltà a farle i due favori che lei gli chiede sarà mia cura informarlo appena possibile”.

“Massino n” sarebbe Massimo Niceta e la vicenda di cui si parlava sarebbe la gestione nel centro commerciale “Belicittà” di Castelvetrano di due negozi la cui proprietà di fatto apparterrebbe al boss Filippo Guttadauro, cognato del padrino trapanese. I fratelli Niceta si sarebbero messi a disposizione affinché Guttadauro, attraverso i figli Francesco e Maria, aprisse un negozio di abbigliamento e uno di bigiotteria sotto le insegne “Niceta Oggi” e “Blue Spirit” presso il centro commerciale di proprietà di Giuseppe Grigoli, storico braccio economico di Messina Denaro.

Quando era già stato arrestato Filippo Guttadauro, per evitare che i negozi finissero sotto sequestro, si sarebbe fatto aiutare dai fratelli Niceta, in ottimi rapporti, secondo gli investigatori, come confermerebbero intercettazioni e pedinamenti, con i figli di Guttadauro.

Dei Niceta aveva parlato anche un altro Guttadauro, Giuseppe, capomafia di Brancaccio e fratello di Filippo. L’ex medico con il figlio, durante un colloquio in carcere, aveva affrontato la questione del pizzo che qualcuno era andato a chiedere ai commercianti per il negozio di corso Finocchiaro Aprile. “È venuto tuo figlioccio… Niceta”, diceva il figlio al padre. E il boss aggiungeva: “Ah, Massimo”. Infine, il consiglio del capomafia: ”Gli dici, per ora chiuditelo come vuoi, poi quando esce lui se ne parla”.

Frasi che conferemerebbero, a detta dell’accusa, i presunti contatti dei Niceta con i mafiosi di Palermo e Trapani che costituiscono l’ossatura dei provvedimenti firmati dalle sezioni di Misure di Prevenzione presiedute da Silvana Saguto e Pietro Grillo.

 


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