Mafia, ventuno arresti - Live Sicilia

Mafia, ventuno arresti

Carini. Il blitz. I nomi dei coinvolti
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Il padrino impartiva gli ordini della sua abitazione dove si trovava detenuto agli arresti domiciliari. Calogero Passalacqua aveva in pugno Carini e dintorni. Una zona ricca della provincia di Palermo, dove negli ultimi anni sono sorti decine di centri commerciali e fioccate le concessioni edilizie per costruire case e ville. Non a torto si è parlato di Eldorado di Cosa nostra.

Ed è qui che Passalacqua si sarebbe messo alla testa di un esercito di uomini fidati. Ventuno persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmate dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia Antonio Ingroia e dai sostituti Laura Vaccaro, Marcello Viola e Francesco Del Bene. Le indagini dei carabinieri del reparto territoriale, guidati dal colonnello Giuseppe De Riggi, fotografano gli equilibri in un territorio inquadrato nel mandamento palermitano di San Lorenzo – Tommaso Natale. Una territorio non solo ricco ma anche vasto che ingloba la parte nord-occidentale dell’area metropolitana di Palermo e i comuni di Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Villagrazia di Carini. Da sempre i nomi forti della zona sono legati alle famiglie Pipitone, Lo Duca, Gallina e Passalacqua.

Calogero Passalacqua, soprannominato “Battista i Santa” dal 2007 è tornato a Carini dopo avere trascorso un decennio in carcere per scontare una condanna per mafia. Gli arresti domiciliari per motivi di salute gli hanno consentito di riprendersi lo scettro che durante la sua assenza era passato nelle mani dei Pipitone. Passalacqua, alleato storico dei corleonesi, innanzitutto ha richiamato alcuni dei suoi più fidati uomini emigrati lontano dalla Sicilia. Ha voluto accanto a sé, coloro che ne avevano coperto l’ultima parte della latitanza e che con lui erano stati arrestati in Toscana. Con il suo arrivo la cosca ha voltato pagina. Niente pizzo ai piccoli commercianti, già vessati dalla crisi. Ci si concentra sui grandi cantieri, privati e pubblici. Gli imprenditori vengono avvicinati, senza fare scruscio.

La base operativa della famiglia mafiosa era la pescheria di Vito Caruso, al Bivio Foresta di Carini. Non era solo una centrale dello spaccio di droga, ma il luogo degli incontri tra i mafiosi e quello dove le donne dei carcerati si rifornivano di pesce. Senza pagare, naturalmente. Tra i più assidui frequentatori della pescheria c’era Giuseppe Evola, un sensale che si muove in tutta la zona. E’ stato lui a condurre i carabinieri fino al padrino. L’abitazione di Calogero Passalacqua è stata imbottita di microspie e telecamere. Più che una casa era un fortino, all’incrocio tra via Manganelli e via Cangialosi, nel cuore del paese. Un fortino nel quale il padrino godeva della disponibilità di tutto il vicinato che gli garantiva copertura totale. Ogni movimento sospetto veniva segnalato. Persino i bambini erano stati istruiti. Dovevano avvertire quando arrivava una macchina degli” sbirri”. I carabinieri del reparto territoriale sono riusciti lo stesso a piazzare le telecamere che hanno ripreso il capomafia mentre dettava ordini dal balcone di casa e convocava le riunioni nel suo appartamento a cui si accede anche da un’entrata secondaria. Tra i più assidui frequentatori della casa c’erano Gianfranco Grigoli, vecchia conoscenza di Passalaqua, e Salvatore Sgroi, genero del padrino, sorvegliato speciale per droga. Sarebbero la sua longa manus nel territorio, assieme a Vito Failla.

Del vertice operativo della famiglia farebbe parte anche la figlia del padrino, Margherita. La donna avrebbe dimostrato di essere la diretta referente delle strategie del padre. Sapeva come comportarsi. Aveva la rudezza dei maschi: “Se tu pensi di prendere per il… gli ho detto un cristiano che ha due anni che agli arresti domiciliari tu hai sbagliato numero di casa… ti vai ad impiccare gli ho detto, voglio tutti i soldi questa settimana, perché ti finisco, da femmina e buona ti alzo uno schiaffo ti sconzo… qua…”. Ed ancora: “… se io devo decidere… le persone non devono capire… nie… lei arriva e comanda lei, suo padre non passa e non conta più… giusto a papà… giusto è… oh… alle persone gli dico… senti qua prima… gli dico, voglio la risposta di mio padre io, perché è buono che la padrona sono io gli dico, però io senza… se non… ho il consiglio di mio padre… non me lo vado a fare”. E’ capitato così di ascoltare il resoconto che la donna faceva al padre di un incontro avuto con un imprenditore: dice “perché non vorrei, io non so come funziona, non vorrei che appena sono qua qualcuno mi viene a disturbare…” … dice, “se la signora gli dice che è tranquilla dice, ….che è tranquillo qua, lei può stare sicuro…”. Margherita aveva la forza di intimidazione mafiosa, scrivono i pm, di un “uomo d’onore”: “Ma papà, lo sai qual è il problema?… che noi ci facciamo troppa pietà degli altri… E gli altri pietà di noi non se ne sono fatti mai ed allora oggi rispondo al contrario, non ho pietà per nessuno…”.

I nomi degli arrestati
Gli arrestati sono l’anziano padrino Calogero Passalacqua, 80 anni, pluripregiudicato per associazione a delinquere di tipo mafioso, la figlia Margherita, 38 anni, il genero Salvatore Sgroi, 47 anni, il cugino di quest’ultimo, Pietro Sgroi, 51 anni, Gianfranco Grigoli, 38 anni, Giacomo Lo Duca, 58 anni, Croce Frisella, 46 anni, Vito Failla, 45 anni, Giuseppe Evola, 66 anni, cugino acquisito di Passalacqua, Croce Maiorana, 27 anni, Antonino Buffa, nato New York, 35 anni, Giuseppe Pecoraro, 44 anni, Giuseppe Barone, 55 anni, Matteo Evola, 65 anni, Vito Caruso, 54 anni, consuocero di Passalacqua, Giuseppe Caruso, 35 anni, Grazia Caruso, 55 anni, Salvatore Rugnetta, 37 anni, Ettore Zarcone, 40 anni, Rosaria Grippi, 42 anni, Fahd Ayari, tunisino di 24 anni.


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