Tre vittime della lupara in campagna: 32 anni dopo si va dal Gip

Mafia, tre vittime della lupara in campagna: l’indagine 32 anni dopo

Inchiesta riaperta per l'omicidio di Antonino Spartà e dei suoi due figli

RANDAZZO (CATANIA) – L’inchiesta è stata riaperta. Il Gip ha fissato per il prossimo 7 luglio l’incidente probatorio sul triplice omicidio di Antonino Sparta e dei figli Pietro Giuseppe e Salvatore, avvenuto il 22 gennaio 1993. E pare poter essere il momento della verità.

Per l’omicidio di Antonio Spartà e dei suoi figli è stato condannato in via definitiva il boss dei “mussi i ficurinia” a Randazzo, Oliviero Sangani. La riapertura tirava in ballo colui che per la Dda sarebbe il nuovo capo della mafia in paese, ovvero Turi Sangani, fratello di Oliviero.

La verità sulle armi

Ma “l’elemento nuovo” emerso, un sequestro d‘armi nella disponibilità (sempre per l’accusa) di Turi, in realtà non ha avuto corrispondenze.

L’incidente probatorio sarà il momento della verità, si diceva. Poi si comprenderà quali saranno le determinazioni della Procura distrettuale catanese, diretta da Francesco Curcio. Secondo l’accusa, gli Spartà sarebbero stati uccisi per essersi rifiutati di pagare il pizzo a Cosa Nostra, di accettare le regole dei clan e “di abbassare la testa”.

L’incidente probatorio 32 anni dopo

Lo spunto che ha dato il via alla nuova inchiesta, come detto, è stato il sequestro di armi compiuto nel 2023 in contrada Dagala Longa: c’era una doppietta calibro 12 e un fucile monocanna. Stesso calibro, ma entrambe le armi sono state scagionate dai Ris di Messina. O almeno è ciò che trapela da fonti vicine alla difesa. Salvatore Sangani assistito dall’avvocato Luigi Zinno.

La campagna e le armi

Quel terreno a ogni modo – benchè per i carabinieri fosse “nella disponibilità” della famiglia mafiosa – in realtà non appartiene alla famiglia Sangani. E disterebbe alcuni chilometri dalla proprietà dei Sangani. Per la difesa loro, anzi, i Sangani non c’entrerebbero nulla neanche con le armi.

Intanto peraltro Salvatore Sangani, che figura ancora oggi sul registro degli indagati per l’ipotesi di aver fornito le armi del delitto, è già stato assolto con formula piena dall’accusa di aver avuto un ipotetico coinvolgimento nel delitto.

Il processo Terra Bruciata

Proprio in settimana è intanto ripreso il processo Terra Bruciata, dove per il presunto boss Salvatore Sangani, detto “turi”, sono stati chiesti 30 anni di reclusione. In aula hanno discusso alcuni dei legali dei co-imputati. Mentre per Turi, il suo legale, terrà l’arringa il 27 maggio.

L’accusa qui è associazione mafiosa. Turi Sangani avrebbe capeggiato in città un gruppo criminale che sarebbe stato legato a doppio filo con il clan Laudani.


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