Magione, la bellezza | fino ai giorni nostri - Live Sicilia

Magione, la bellezza | fino ai giorni nostri

La chiesa della Magione (Foto Desideria Burgio)

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I tesori di Palermo
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Splendido esempio delle stratificazioni culturali di Palermo, la chiesa della Santissima Trinità del Cancelliere, o Chiesa della Magione, è l’ultimo edificio costruito dai sovrani Normanni nel capoluogo. Costruita al limitare della cittadella fortificata Al-Halisah (l’eletta, la pura, oggi: la Kalsa) in un’area ricca di orti e giardini, vicino al porto dove – durante la dominazione islamica del X secolo – avevano dimora l’emiro ed i suoi ministri, la chiesa conserva i resti di una porta-torre e altre costruzioni dell’epoca araba, emersi durante i restauri degli anni Novanta. Nell’annessa cappella di Santa Cecilia si ammira una bellissima bifora che reca un’iscrizione in lingua araba nella colonnina centrale, dove è scritto: “Allah è misericordioso”. Molti ancora gli intrecci di popoli e culture, che questo sito documenta: al centro del chiostro cistercense, circondato da un verde lussureggiante, si trova un monumento quadrato che sembra avere le caratteristiche di un pozzo. Si tratta, in effetti di una vera da pozzo, costruita con materiale del XIV secolo, proveniente da una tomba con iscrizioni ebraiche che ricorda il figlio di Rabbi Saadia, scomparso a soli 14 anni. È probabile materiale che risulta dallo spoglio a cui furono soggetti diversi edifici ed oggetti d’arte della numerosa comunità ebraica di Palermo, rimasti “senza padrone” a seguito dell’espulsione degli ebrei del 1492, con l’editto emanato dai sovrani di Spagna e di Sicilia, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona.

Fondata nel 1191 dal Cancelliere del regno Matteo d’Ajello, e destinata ai monaci cistercensi – introdotti dai Normanni in Sicilia per accelerare il processo di latinizzazione del clero – già nel 1197, il complesso della Magione fu ceduto dall’imperatore e re di Sicilia, Enrico VI di Hohenstaufen, ai Cavalieri dell’Ordine Teutonico, a cui egli stesso apparteneva. Il termine Magione deriva dal latino “mansio”, in quanto sede del precettore dell’ordine con lo scopo, tra gli altri, di ospitare i pellegrini in viaggio o di ritorno dalla Terrasanta.  In seguito, per mutamenti politici, nel 1492 la chiesa passò agli abati Commendatori, dei quali il primo fù il Cardinale Rodrigo Borgia (futuro Papa Alessandro VI) e in ordine successivo il Cardinale Giannettino Doria e Antonio Branciforti dei principi di Scordia. Nel 1787 Ferdinando III di Borbone aggregò la chiesa, con tutti i suoi beni, all’ordine Costantiniano di San Giorgio. In seguito la Magione passò, nel 1782, sotto il patronato dei re borbonici. In questi vari avvicendamenti le preesistenti strutture medievali furono ricoperte da sovrapposizioni in stile barocco e neoclassico. Gli attenti restauri filologici di Giuseppe Patricolo a fine Ottocento, e di Francesco Valenti nel 1920, riportarono il complesso alla sua bellezza originaria.

L’architettura dell’edificio, riconosciuto l’anno scorso patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, corrisponde alle caratteristiche dello stile arabo-normanno con un volume geometrico esterno di derivazione fatimita e una distribuzione degli spazi interni a croce latina di origine nordica. Un interessante gioco di archi ciechi, all’esterno delle absidi, è situato sul lato meridionale di piazza Magione. La piazza è oggi caratterizzata da un ampio spazio verde, risultato dei bombardamenti aerei del 1943, che danneggiarono anche il complesso ecclesiastico. Il chiostro, infatti, è mutilo dei lati corti, a causa delle bombe, ma è molto interessante perché realizzato qualche anno prima di quello dell’Abbazia di Monreale e ne ricorda le caratteristiche colonnine binate con capitelli a doppia corona di foglie che sorreggono le arcate ogivali a doppia ghiera. Tra le numerose opere d’arte conservate all’interno della chiesa, vanno ricordate una Vergine col Bambino e un Cristo benedicente, entrambi del XVI secolo, probabilmente della bottega dei Gagini; l’elegante portale rinascimentale che introduce all’attuale sacrestia, attribuito al dalmata Francesco Laurana; un tabernacolo marmoreo del 1528 e diverse lastre tombali di Cavalieri Teutonici del ‘400.

Oggi alle ore 17, l’interno della chiesa si anima di una vita nuova, mai sperimentata prima d’ora, con il concerto del flautista siciliano Manuel Zurria che ha recentemente collaborato con Salvatore Sciarrino per una composizione dedicata ad Alberto Burri. Il concerto di Zurria, ad ingresso libero, è un omaggio a Giacinto Scelsi (1905 – 1988) nell’ambito del Festival Scelsiana, diretto dal maestro Aldo Brizzi e organizzato in collaborazione con l’Accademia degli Offuscati e con la Fondazione Teatro Massimo, che ha inserito l’iniziativa nella sua programmazione Nuove musiche 2016, curata da Oscar Pizzo.

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