PALERMO – A dodici anni dalla morte della sorella per un caso di malasanità e una sentenza ormai definitiva che ha quantificato in un milione di euro il risarcimento, i familiari hanno ricevuto solo la metà della somma perché l’Istituto sanitario condannato a pagare ha congelato la restante cifra ritenendola “impignorabile”.
Malasanità: risarcimento solo a metà
La vicenda risale al 2012. Donatella Pellegrino, palermitana di 57 anni, viene operata all’istituto Regina Elena di Roma per un intervento al surrene. La notte dopo l’operazione la donna accusa forti dolori segnalati ai medici, ma solo la mattina successiva viene accertata un’emorragia alla milza: è necessario un secondo intervento d’urgenza ma da quel momento per la donna inizia un calvario tra terapia intensiva, dialisi e trasfusioni: muore circa cinque mesi dopo.
I fratelli della donna si sono rivolti al Tribunale di Roma che nel marzo 2015, con sentenza di primo grado, ha stabilito che l’istituto Regina Elena avrebbe dovuto risarcirli con un milione di euro. La struttura sanitaria ha fatto appello, la Corte ha confermato il verdetto di primo grado a maggio dell’anno scorso.
“L’istituto Regina Elena non ha fatto ricorso in Cassazione, la sentenza è dunque definitiva – dice l’avvocato palermitano Marco Favarò, legale dei familiari della donna – eppure dopo che nel 2017 sono stati erogati i primi 500 mila euro, non è mai stata versata la seconda metà”.
Trascorsi invano i termini di legge, i familiari hanno avviato un’azione legale presso la sezione esecuzioni mobiliari del Tribunale di Roma chiedendo il pignoramento dei 500 mila euro, ma ancora la vicenda non si è conclusa.
La sentenza definitiva
“Abbiano interpellato il gestore della tesoreria del Regina Elena, uno dei principali istituti di credito nazionali – aggiunge Favarò – che ci ha comunicato che la somma, pur presente in cassa, è stata ‘accantonata’ ma non sarebbe pignorabile in quanto una delibera interna della struttura sanitaria l’avrebbe destinata ad altre spese”.
“La normativa vigente prevede che le somme a disposizione di enti pubblici, ed in particolare delle aziende ospedaliere, non possano essere pignorate se preventivamente destinate a mutui, stipendi o servizi indispensabili” prosegue il legale.
“Ma nella delibera in questione, che oltretutto è successiva alla nostra richiesta di pignoramento, l’istituto avrebbe destinato le somme a spese che a nostro parere non rientrano tra quelle che la legge indica come impignorabili: tra queste risultano ad esempio ‘godimento di beni e servizi’, ‘organi aziendali’ e ‘acquisto di beni non sanitari'”.