Alluvione a Lipari| chiesto stato di calamità - Live Sicilia

Alluvione a Lipari| chiesto stato di calamità

I danni ammonterebbe a 30 milioni di euro. Il sindaco chiude le scuole e richiede lo stato di calamità. GUARDA IL VIDEO

MESSINA – Trenta milioni. Sarebbe questa la cifra a cui ammonterebbero i danni causati dall’alluvione che si è abbattuta nella giornata di ieri su Lipari. La causa principale che ha provocato la piena del fiume, mettendo in ginocchio case e negozi nel centro abitato, è stata la discarica abusiva di materiale da risulta che viene utilizzata da trent’anni nel costone di Annunziata. Tutto il dirupo, sospinto dalle fittissime piogge, è crollato e lungo il torrente di Valle, oggi strada e centro abitato, ha trascinato di tutto. GUARDA IL VIDEO

Il fiume ha allagato la scuola media tanto che il preside Renato Candia è stato costretto a far evacuare il piano terra e a trasferire i 200 ragazzi in sicurezza al primo piano. L’acqua ha invaso la via professore Emanuele Carnevale e il corso Vittorio Emanuele. Stessa situazione in località Ponte. Lungo la via Roma è finito di tutto: vecchi elettrodomestici, motorini, biciclette e il fango ha sommerso alcune auto, allagando case e negozi.

A Canneto e a Calandra è stato un disastro. La montagna di detriti di pomice si è riversata nella strada e un bus e diverse auto sono state quasi sommerse. Analoga situazione lungo tutti gli altri torrenti. Ad Aurora sono state sollevate cinque auto. Gli isolani sono rimasti “sequestrati” in casa per alcune ore.

Il sindaco Marco Giorgianni, che nel frattempo ha richiesto lo stato di calamità naturale al governo Monti, alla Protezione civile e al governo regionale ha avuto parole di elogio per la forestale, i carabinieri, i vigili del fuoco, la polizia municipale, i volontari della protezione civile, gli operai comunali e le ditte locali che si sono prodigate con ruspe e mezzi meccanici riuscendo a tempo di record a bonificare e ripulire le vie principali. All’opera con scope e pale anche tanti abitanti, turisti e villeggianti. I tecnici sono al lavoro per mettere in sicurezza il costone di Annunziata e soprattutto i torrenti dell’isola (compreso quelli di Lingua a Salina), anche se non sarà facile. Negli ultimi decenni quasi tutti i corsi d’acqua sono diventati strade dove sono stati costruiti palazzi.

Ma alle origini dell’alluvione c sarebbe anche l’aumento delle temperature dei mari, causato dal riscaldamento globale. Lo sottolinea il climatologo dell’università di Firenze Giampiero Maracchi, secondo il quale alla base di questo ed altri eventi analoghi ”c’é un accumulo di energia e di vapor d’acqua in atmosfera”. ”Le perturbazioni di origine atlantica, che provengono da ovest – rileva – attraversando i mari, che hanno temperature molto elevate, diventano ‘cariche’ di vapor d’acqua, che viene trasferito dai fenomeni di evaporazione degli stessi mari. Ma soprattutto accumulano una quantità di energia che poi viene ‘scaricata’ con le alluvioni o altri fenomeni meteorologici”. L’alluvione di Lipari, secondo il climatologo, non è comunque una sorpresa: ”Gli ultimi 20 anni – aggiunge – sono stati caratterizzati da questi fenomeni di inizio autunno. Questo è infatti il periodo in cui cominciano ad arrivare le perturbazioni. Che si verificassero questi eventi è il timore che avevamo tutti”.

Per il futuro Maracchi prevede che ”alluvioni possano ripetersi a ottobre-novembre. Probabilmente si verificheranno in posti diversi”. L’evento di Lipari, secondo Gian Paolo Cavinato, geologo del Cnr, “non ha avuto conseguenze mortali solo perché la quantità di acqua caduta, pur se rilevante, è stata ben inferiore rispetto a quella registrata nei mesi scorsi a Genova, nelle Cinque Terre o a Giampilieri (Messina)”. A Lipari, spiega, “il problema è legato alla conformazione del territorio, che è vulcanico. Qui la coltre di cenere e frammenti di roccia lasciati dalla montagna, ancora attiva, viene ‘rigonfiata’ dall’acqua piovana, formando un materiale che scende velocemente lungo il versante, a causa dell’inclinazione del terreno, e forma dei detriti”. Il geologo punta il dito sulla prevenzione, cioè sulla necessità di non costruire nelle zone a rischio, ma allo stesso tempo riconosce che “non esistono ad oggi tecniche tali da individuare, specialmente nei casi di conformazione geologica complessa, le porzioni di territorio dove, a causa della forte pioggia, si possono verificare eventi di questo tipo”.

 

 

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