Maltrattamenti e violenza assistita: se la Cassazione cambia idea

Maltrattamenti e violenza assistita: se anche la Cassazione cambia idea

Tra riforme dell’ultima ora e cambi di passo

Lo abbiamo già detto in altre precedenti occasioni: esiste una relazione inscindibile tra i più gravi episodi di cronaca nera e l’iniziativa legislativa. Dopo i fatti della scorsa estate, in seguito ai quali è stato partorito il “decreto Caivano”, questa volta tocca al brutale assassinio di Giulia Cecchettin a fare da stimolo per l’ennesima riforma orientata alla tutela delle cosiddette “fasce deboli”. Il 23 novembre il Senato ha approvato in via definitiva un disegno di legge in materia di contrasto della violenza sulle donne e di quella domestica.

Un ritocco che ha interessato l’arcinoto “Codice Rosso”, cioè quell’insieme di disposizioni che dovrebbero fornire una rapida ed efficiente tutela alle vittime – perlopiù donne e minori – di episodi di violenza e maltrattamenti. Scopo della riforma è quello di accelerare la trattazione dei procedimenti che riguardano queste ipotesi di reato: la macchina della giustizia ha infatti una velocità di rotazione ordinaria che è del tutto inadeguata alla necessità di reagire nei confronti dei responsabili di questo genere di condotte. Non è infrequente, semmai, che si intervenga troppo tardi, quando l’irrimediabile è già accaduto.

Lo stesso giorno in cui si è varato questo pacchetto di norme, anche la Cassazione ha fatto sentire la sua voce, depositando la sentenza n. 47121. La sesta Sezione penale ha messo nero su bianco un concetto che, per la verità, ci appare abbastanza ovvio: si può applicare l’aggravante della violenza assistita anche nel caso in cui il minore, costretto a sorbire i continui maltrattamenti posti in essere ai danni della propria madre, sia soltanto un neonato.

Questo principio, che in parole povere consente di aumentare la pena per chi sistematicamente prevarica, maltratta e usa violenza nei confronti di un convivente in presenza di un minore, non era fino a qualche giorno fa così pacifico: esiste infatti un indirizzo interpretativo di segno opposto, secondo il quale si esclude l’aggravante della violenza assistita nel caso in cui il minore è troppo piccolo, e quindi non è in grado di percepire il disagio dell’aver assistito agli episodi di violenza.

Ci si aspetta, a questo punto, che ad aver affermato l’opposto principio sia stata un’autorità giudiziaria diversa da quella che poi ha detto il contrario. Invece no: è la stessa sezione della Cassazione. Cosa possiamo dirvi? Meno male che ha cambiato idea.​

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