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“Mancata cattura di latitanti e calunnie”: assolti Masi e Fiducia

Uno dei due carabinieri è il capo scorta del magistrato Antonino Di Matteo

“Il fatto non costituisce reato”: con questa formula dopo tre anni di processo il giudice monacratico di Palermo ha assolto il maresciallo Saverio Masi, caposcorta del consigliere del Csm Nino Di Matteo, e il maresciallo Salvatore Fiducia.

Erano imputati per calunnia e diffamazione nei confronti degli ufficiali Gianmarco Sottili, Francesco Gosciu, Michele Miulli, Fabio Ottaviani, Gianluca Valerio, Antonio Nicoletti e Biagio Bertodi.

Anche il publico ministero  Pierangelo Padova aveva chiesto l’assoluzione, precisando però che “sono state mosse accuse alla leggera che, non hanno trovato riscontro nel processo”. Per ipotizzare la calunnia bisogna accertare il dolo e cioè verificare che l’accusatore al tempo in cui ha mosso la presunta calunnia era a conoscenza della totale innocenza delle persone a cui si rivolgeva. Le motivazioni chiariranno il percorso seguito dal giudice.

Masi e Fiducia avevano accusato gli ufficiali dell’Arma di avere ostacolato le indagini per la cattura di Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro. Il gip di Palermo dispose l’imputazione coatta per i due sottufficiali archiviando la posizione degli ufficiali.  “Eravamo certi – spiegano gli avvocati Claudia La Barbera e Mario Di Trapani- che sarebbe stata una sentenza di assoluzione perché l’istruzione dibattimentale ha fatto emergere l’innocenza degli imputati, atteso che la condotta agli stessi contestata non costituisce reato, dal momento che i nostri testi hanno ampiamente dichiarato che le indagini non venivano svolte in maniera compiuta”.


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