Maqueda, Olivella, La Lumia... | "I locali appartengono ai boss" - Live Sicilia

Maqueda, Olivella, La Lumia… | “I locali appartengono ai boss”

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Il quadro tracciato dal neo pentito Filippo Bisconti è desolante. I carabinieri cercano riscontri

PALERMO – Solo qualcuno sfugge alla regola. Tutti gli altri titolari di pub e ristoranti avrebbero a che fare con la mafia. Alcuni sono prestanome dei boss, altri pagano il pizzo, altri ancora per convenienza accettano di avere un mafioso come socio.

Il quadro tracciato dal neo pentito Filippo Bisconti è desolante. Racconta di una Palermo che continua a subire le angherie dei mafiosi, nonostante la valanga di arresti. Sembra un paradosso, ma è il tratto distintivo di una fetta di città. Le operazioni hanno fiaccato Cosa Nostra, il livello criminale si è abbassato, ma c’è chi non riesce ancora a liberarsi. Oppure, ed è uno degli aspetti più bui delle dichiarazioni, la mafia si sceglie per convenienza.

Bisconti esagera? Le cose sono davvero come lui le racconta? Tocca ai carabinieri trovare i riscontri. Si parte da un verbale del capo mandamento di Belmonte Mezzagno, uno dei tanti raccolti negli ultimi mesi dai pubblici ministeri della Dda palermitana, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. Bisconti aveva contatti costanti con gli altri mandamenti mafiosi, compreso quello di Porta Nuova che ingloba la zona centrale della città dove negli ultimi anni pub e ristoranti sono spuntati come funghi.

“… via Maqueda, Olivella e anche Ballarò compresa la via La Lumia – racconta Bisconti – non c’è locale che non appartiene a qualcuno di loro interesse o comunque paga il pizzo, a tappeto, sono rarissimi quelli che non pagano… c’è una sorta di quieto vivere anche alla Vucciria…. poi non parliamo di via dei Candelai…”.

Interessi mafiosi “a tappeto”, dunque, portati avanti in tre differenti modi. “Nella zona della Vucciria avevano dei pub loro stessi… molti locali sono direttamente dei mafiosi o di persone che sono prestanome dei mafiosi…”.

Le fonti di Bisconti sono più che attendibili, visto che fa i nomi di coloro che si sono passati lo scettro del potere: “Me la diceva Calcagno questa cosa, me l’ha detto Mulè, me l’ha detto D’Ambrogio…”. Paolo Calcagno, Salvatore e Massimo Mulè, Alessandro D’Ambrogio: tutti nomi di peso a Porta Nuova.

E chi sono i mafiosi-gestori di locali? “Ce n’era uno che era di Rocco Marsalone o del figlio, alla Vucciria, uno era di Lo Presti… uno era di Vernengo (e il prestanome sarebbe una donna ndr), un altro del figlio di Di Giovanni… uomo d’onore della famiglia di Brancaccio questo… all’Olivella la stessa cosa. Hanno i locali i Miuè… tutti tutti”. E giù con altri nomi di uno scacchiere mafioso recentissimo.

Gestori diretti o indiretti grazie a una sfila di teste di legno: “Non c’è un locale che non è di loro pertinenza – aggiunge il neo pentito – e quelli che non sono di loro pertinenza sono in società o ci vanno a prendere il pizzo”.

A volte sono i commercianti a scegliere di diventare soci dei mafiosi che non si tirano indietro. Anzi, quale occasione migliore per schermare i soldi che chi comanda continua ad avere, mentre altri, nelle file dell’esercito della mafia, conducono una vita da straccioni: “Di Giovanni (Gregorio Di Giovanni, capomafia di Porta Nuova, ndr) è uguale… tutte le famiglie mafiose tendevano a fare impresa… nel senso che è meglio farsi socio di un imprenditore che non andargli a chiedere il pizzo… imponendogli la società… l’impresa ha il suo ritorno… ha il suo interesse a fare società con il mafioso per essere più garantito nel lavoro, per vendere di più, per fare prezzi di più senza avere concorrenza”.

Cos’altro sa Bisconti? Il verbale è pieno di omissis. I carabinieri sono al lavoro.

 


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