PALERMO – “Denuncerò il ministero dei Beni culturali per omissioni d’atti d’ufficio. E poi mi dimetterò da presidente della fondazione Teatro Massimo”. Il sindaco Leoluca Orlando alza il tiro e, nella guerra che lo contrappone al sovrintenente Antonio Cognata, chiama in causa perfino il dicastero di Lorenzo Ornaghi che minaccia di denunciare alla Procura della Repubblica per poi fare un passo indietro dalla guida della fondazione.
Oggetto del contendere la richiesta di commissariamento di piazza Verdi pretesa a gran voce, e anche nero su bianco, dal primo cittadino ma a cui Roma sembra fare orecchie da mercante. Dopo la visita del direttore generale dello spettacolo dal vivo, Salvo Nastasi, giunto a Palermo quasi due settimane fa, Palazzo delle Aquile si aspettava un intervento ministeriale che rimuovesse Cognata aprendo la porta all’invio di un commissario. Ma la risposta del ministero è stata tutt’altra.
“Si ritiene – scrive Nastasi – che qualsivoglia determinazione di questa amministrazione nei riguardi del teatro non possa essere vagliata se non dopo che sia stata percorsa la ordinaria via di discussione interna alla fondazione, ovvero attraverso la convocazione degli organi statutari che non può essere ufficialmente procrastinata”. Insomma, Roma chiede ad Orlando di convocare il cda, in forza anche di un parere del collegio dei Revisori dei conti del 21 settembre. Ma su questo il sindaco tiene il punto e oggi ha scritto proprio ad Ornaghi.
“Non posso convocare il cda – tuona il primo cittadino – visto che c’è un abusivo (il vicepresidente Carlo Varvaro, ndr) che non se ne vuole andare dall’incarico che ricopre e che è stato nominato in modo illegittimo, come peraltro confermato dal ministero. E’come il bue che dà del cornuto all’asino: ora è lui che fa un’azione giudiziaria. Roma mi chiede di convocare ugualmente? Per questo sono pronto a far partire la denuncia, che riguarda anche i Revisori che non si sono accorti che c’erano nel cda due componenti che non potevano starci. Mi chiedo come possa il ministero non accorgersi dell’ingovernabilità del teatro. Non posso convocare un cda le cui determinazioni potrebbero essere annullate da un giudice”.
Ma il sindaco è un fiume in piena e, nel corso della conferenza stampa a Villa Niscemi, mette da parte le mezze misure. “Fino a quando si abuserà della pazienza dei palermitani, del mondo della cultura e del presidente? Non è più possibile chiudere occhi, orecchie e bocca di fronte a uno spettacolo che si commenta da solo. Il management del teatro non ha rapporti con i sindacati e ha ridotto l’istituzione ad un teatro ad ore con compagnie di passaggio, ha mancato, sebbene glielo avessi ufficialmente chiesto, di informarmi sulle consulenze per le quali si è applicato il tacito rinnovo, ha provocato un danno erariale del quale risponderà alla Corte dei Conti su due contratti e spende soldi ogni mese per le missioni. Gli ho chiesto di farmi sapere quanto ma non mi ha mai risposto”.
E in questa guerra, a pagarne le conseguenze, sono soprattutto gli abbonati che stasera potrebbe veder saltare la prima del Dittico di Ravel e gli spettacoli a seguire e il teatro stesso, che è praticamente bloccato. “Io però firmo tutti gli atti di Cognata – si difende il sindaco – di cui lui si assume la responsabilità”.
Se entro una settimana il ministero non provvederà al commissariamento, Orlando è pronto anche a dimettersi da presidente della fondazione. “Questa vicenda finisce in tribunale – dice il sindaco – non darò copertura a un sovrintendente che ha commesso illegittimità”. E in caso di dimissioni, a quel punto il commissariamento potrebbe essere irrinunciabile: un escamotage con cui piazza Pretoria vuole mettere il ministero con le spalle al muro. Anche se c’è chi dubita di questa consequenzialità: la legge sulle fondazioni liriche, così come lo Statuto, non contemplano infatti l’ipotesi di dimissioni del presidente, dal momento che questi non è eletto dal cda. Si tratta insomma di un incarico che di diritto spetta al sindaco, che lo voglia o no.
“Ma io sono sicuro che il ministero interverrà prima delle mie dimissioni”, conclude Orlando. E intanto il braccio di ferro continua.