Agrodolce sarebbe il destino della Fiat. “Marchionne rassicura”, si legge da qualche parte. Certo, a Termini Imerese non si faranno più macchine. Però si produrrà altro. Questa sarebbe la rassicurazione. E allora spremiagrumi? Cannucce? Vasi di creta? E che succederà alla gente in tuta blu che solo macchine sa fare e si troverebbe in chiara difficoltà a riconvertire l’azienda in fabbrica di aeroplanini di carta? Roberto Mastrosimone – la tuta blu per eccellenza, il capo carismatico della Fiom Cgil – è sicuro che il fato stia per compiersi. “Il destino di Termini somiglia proprio alla chiusura – spiega -. Si comincia parlando di riconversione e si finisce per abbandonare tutto. La Fiat ha proposto diversi piani in questi anni. Dal piano A al piano B, scendendo di livello sempre di più”.
Dunque, non ci sarebbe solo il problema oggettivo del riadattamento di uomini e mezzi, del dovere inventarsi il miracolo della brocca rovesciata senza perdere troppe gocce d’acqua. Mastrosimone la vede fosca e comincia a scavare le trincee: “La proposta di Marchionne è inaccettabile. Non mi dite nulla di rassicurazioni e promesse perché mi incavolo. Noi inizieremo la lotta da subito, è inutile aspettare. L’attesa equivarrebbe a perdere tempo. E credo che tutti la debbano pensare così”. Le altre sigle sindacali reggeranno il braccio di ferro della Cgil? O tenteranno un approccio più morbido? A Termini si respira già aria da ultima frontiera, come nei giorni caldissimi della paventata e scongiurata chiusura. Beppe Lumia, senatore del Pd avvezzo alla tematica, ingiunge: “La Fiat non penalizzi Termini e ritorni sui suoi passi”. Insomma, si sta tornando rapidamente al clima del 2002, al sindaco sulle barricate, al curato in piazza madrice, alle mamme Fiat nei cortei. Ma adesso a Torino c’è un inflessibile uomo col golfino blu. E il cuore potrebbe non bastare.