PALERMO – La certezza non c’è e mai ci sarà. Resterà un’ipotesi: la pistola con cui fu assassinato il magistrato Mario Amato potrebbe essere la stessa usata per l’omicidio del democristiano Piersanti Mattarella. Dal punto di vista tecnico non è stato possibile trovare conferme.
Il neofascista Gilberto Cavallini impugnava una Colt Cobra calibro 38 quando uccise Amato il 23 giugno 1980, a Roma, sei mesi dopo che, il 6 gennaio, veniva assassinato, a Palermo, il presidente della Regione.
La Procura palermitana guidata da Francesco Lo Voi l’anno scorso ha riaperto le indagini sull’omicidio del fratello del presidente della Repubblica e ha affidato ai carabinieri del Ros il compito di ricostruire tutti i delitti dei Nuclei Armati Rivoluzionari, a cominciare dalle armi usate.
Tra queste anche la calibro 38 che secondo il pentito Walter Sordi fu utilizzata per uccidere Amato. Gli esperti hanno comparato i proiettili con quelli estratti dal corpo di Mattarella. Purtroppo erano ormai ossidati e non è stato possibile eseguire una comparazione perfetta. È emerso, però, un particolare: quando viene esploso un colpo sul proiettile restano delle zigrinature. Ed ecco il dato che è saltato agli occhi: il solco sui proiettili di entrambi i delitti è destrorso. Di solito questo tipo di pistola, al contrario, lascia un segnale sinistrorso.
Si è cercato anche di studiare i proiettili del delitto Mattarella attraverso l’analisi delle fotografie dell’epoca, le quali ingrandite non hanno offerto la qualità necessaria. Ecco perché c’è la probabilità che l’arma usata sia la stessa. La certezza assoluta, però, non esiste.
Sull’assassinio di Mattarella, per il quale la Procura segue la pista mafiosa, torna ad allungarsi l’ombra del terrorismo nero. Un’ombra che resterà tale, almeno dall’analisi della pistola.