Mattarella e le "zone grigie": il presidente come un faro nell'oscurità - Live Sicilia

Mattarella e le “zone grigie”: il presidente come un faro nell’oscurità

Le parole del Capo dello Stato in occasione della commemorazione di Paolo Borsellino
SEMAFORO RUSSO
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PALERMO – “Il loro esempio ci invita a vincere l’indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l’illegalità…”. È un passaggio del messaggio del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, riferendosi a Paolo Borsellino e a Giovanni Falcone in occasione del 31esimo anniversario della strage di via D’Amelio. Potrò sbagliarmi, ma non credo ci sia stato, almeno negli ultimi vent’anni, un presidente della Repubblica che abbia usato l’espressione “zone grigie”.

Certo, l’avere vissuto il dramma di un fratello, Piersanti, ucciso non sappiamo ancora da chi però sicuramente con la convenienza e partecipazione della mafia, ha un suo peso, come un suo peso ha l’essere siciliano. “Zone grigie”, è una maniera chiara e consapevole per indicare, al di là di processi e sentenze, un fatto storico: mai la mafia avrebbe potuto mantenere tanto a lungo il suo potere di sangue e sopraffazione senza complicità nei piani alti della politica e delle istituzioni, mai. Se ne rende conto pure un ragazzino, se ne rendono conto tutti coloro che senza medaglie e distintivi hanno combattuto (e combattono) Cosa Nostra nel quotidiano mentre venivano massacrati magistrati, poliziotti, sacerdoti, giornalisti, politici, imprenditori, burocrati, sindacalisti, addirittura bambini.

È straordinariamente importante, in una ambigua fase politica che vede un ministro della Giustizia mettere in discussione il “concorso esterno in associazione di tipo mafioso”, l’intervento del presidente Mattarella. È un faro, nell’oscurità di chi nega qualunque coinvolgimento di settori dello Stato e di personaggi in giacca e cravatta negli eventi drammatici che hanno insanguinato l’Italia, accesa dal Custode della Costituzione per impedire un allentamento nella lotta alla mafia e l’indifferenza verso le aree grigie dell’antimafia di facciata, delle istituzioni e della cosiddetta società civile. C’è un’altra preoccupazione che vorrei mettere in risalto ricordando un vero giornalista d’inchiesta. L’improvvisa scomparsa di Andrea Purgatori avvenuta nel giorno della memoria di via D’Amelio, su cui tuttora si indaga dopo mille depistaggi, sollecita alcune riflessioni.

La sua morte colpisce particolarmente perché se ne va un uomo che attraverso la sua professione, spesso mortificata da colleghi invece servili e al soldo dei potenti di turno, ha sempre cercato verità e giustizia su numerose pagine buie della nostra storia repubblicana, tra mafie e terrorismo. Non c’è dubbio che il giornalismo italiano, in un periodo in cui chi governa tenta di impadronirsi dei mezzi di comunicazione, di imbavagliare la stampa e zittire il dissenso, è un po’ più povero e ciò è una brutta cosa.

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