PALERMO – “A un certo punto ho pensato che questi di Md avessero visto quel famoso film di Benigni girato a Palermo: quello che dice che il problema principale qui é il traffico”. Il commento dell’avvocato Armando Sorrentino, autore del saggio ‘Chi ha ucciso Pio La Torre’, è lapidario. Il comunicato con cui Magistratura Democratica, la corrente di sinistra della magistratura, ha criticato i pm che cercano “consenso alle indagini in corso” è stato infatti uno degli argomenti principali del dibattito organizzato da Rifondazione Comunista durante l’annuale Festa di Liberazione al Giardino Inglese di Palermo. Ospite principale del convegno è stato il procuratore aggiunto Antonio Ingroia, oggetto non citato della reprimenda di Md, la sua stessa corrente. “Non spetta a me interpretare quel documento – ha detto il magistrato a livesicilia.it – chi lo ha scritto se ne prenderà la responsabilità”. Poi il pm che indaga sulla Trattativa Stato-mafia, parlando davanti ad un centinaio di spettatori, è andato oltre. “Non riconosco più il gruppo di Md al quale appartengo: questa vicenda mi conferma che noi siamo nel pieno di un processo di grave arretramento politico-culturale. Un processo che non riconosce la libera espressione: è il berlusconismo imperante che ha contagiato ampi settori della vita sociale”.
I presenti hanno poi applaudito Ingroia quando ha sottolineato che non intenderà “fare un passo indietro nelle pubbliche manifestazioni di pensiero”. Un passaggio del suo discorso, il pm lo ha dedicato anche alla politica antimafia del governo, “non inteso come governo Monti, che d’altra parte non ha una vera politica antimafia” ha sottolineato Ingroia, “ma mi riferisco invece alla politica antimafia dello Stato italiano, che se avesse avuto come obiettivo quello di sconfiggere Cosa Nostra sarebbe stata ovviamente fallimentare. A questo punto bisogna chiedersi se è fallita perchè condotta da incompetenti o per altri motivi. Si continua a vedere la mafia come uomini con coppole e lupare e si continua ad ignorare la classe dirigente collusa, si fa finta di non vedere che mafia e Stato abbiano sempre avuto rapporti, a volte burrascosi ma pur sempre rapporti. La verità è che la politica antimafia dello Stato italiano ha avuto momenti di emergenza, in cui ha delegato alla magistratura la lotta alla mafia, ma non ha mai avuto l’obbiettivo di sconfiggere Cosa Nostra”.
Quindi Ingroia ha ribadito l’appello già lanciato durante la festa del Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta. “Non ci libereremo dal malaffare solo con l’opera della magistratura: occorre cambiare indirizzo alla nostra classe politica e a quella dirigente. E questo è un compito che tocca soltanto ai cittadini”. Il procuratore aggiunto di Palermo ha poi commentato, ai microfoni di livesicilia.it, il servizio in uscita domani su settimanale Panorama, che annuncia di ricostruire “il circo Ingroia”, passando in rassegna gli elementi gli elementi che coordinerebbero la segreteria organizzativa del pm. “Stiamo parlando del giornale che annunciava la pubblicazione delle intercettazioni Mancino – Napolitano, penso che i loro servizi si commentino da soli”. Infine una battuta sulla polemica più recente: “Aver dichiarato che Falcone e Borsellino non sono personaggi positivi è una frase che si commenta da sola. Non aggiungo altro”.
Il presidente di Md: “Sì alle critiche, no alle interferenze”.
“Deve considerarsi impropria ogni sovrapposizione tra vicenda processuale e il dibattito interno agli organismi associativi dei magistrati: la prima resta ancorata al rispetto delle norme ed è estranea alle regole e logiche del confronto associativo e di quello politico”. Lo afferma, parlando dell’inchiesta di Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, Luigi Marini, presidente di Magistratura democratica, la corrente delle toghe di sinistra di cui fa parte Antonio Ingroia, che ieri aveva bacchettato l’esposizione mediatica del pm di Palermo. Secondo Marini, “l’esercizio del diritto di critica dei provvedimenti giudiziari non può essere escluso per i magistrati” (a patto che si eserciti “in forma documentata, continente e rispettosa”), “a maggior ragione quando prende forma di corrispondenza privata e di scambio di opinioni nel corso di riunioni e seminari”. Ma “ferma restando la libertà di critica, anche severa, dei provvedimenti giudiziari, deve essere ribadita la assoluta necessità – afferma Marini – che il dissenso sull’operato dei magistrati non si trasformi in azioni miranti a interferire col normale corso delle indagini e dei processi e ad alterarne i risultati, soprattutto quando sono in gioco delicatissimi equilibri istituzionali. Si tratta di condotte che nulla hanno a che vedere con il normale e utile confronto e costituiscono deviazioni intollerabili”.