PALERMO – Stavolta anche a Brancaccio c’è chi dice no al pizzo e chiede di costituirsi parte civile. Si tratta dell’imprenditore edile Giuseppe Piraino, dei proprietari dell’immobile che ospita l’hotel Villa D’Amato e del capo di un cantiere che ricevette la visita degli uomini del racket.
Il comitato Addiopizzo e lo Sportello di Solidarietà, rappresentati dagli avvocati Salvatore Caradonna, Salvatore Forello e Valerio D’Antoni li hanno accompagnati nel percorso di denuncia e lo faranno in quello processuale.
Ipotesi voto di scambio
L’udienza preliminare si sta svolgendo davanti al giudice Marco Gaeta. Fra coloro che rischiano il processo assieme a mafiosi ed estorsori del clan di Brancaccio c’è anche Francesco Lombardo, candidato al consiglio comunale alle elezioni amministrative del 12 giugno 2022, nella lista di Fratelli d’Italia. In concorso con Vincenzo Vella, della cosca di corso dei Mille, sono imputati per voto di scambio politico-mafioso.
Gli imputati
Il procuratore aggiunto Marzia Sabella ed i sostituti Francesca Mazzocco, Gaspare Spedale e Giacomo Brandini chiedono il rinvio a giudizio per Alessio Salvo Caruso (scampato all’agguato in cui fu ucciso Giancarlo Romano), Giuseppe Arduino, Giuseppe Chiarello, Damiano Corrao, Francesco Farina, Sebastiano Giordano, Antonio Mazzè, Settimo Turturella, Vincenzo Vella, Giovanni Iannitello e Giulio Matranga.
Molti furono coinvolti nel blitz dello scorso marzo e i loro nomi si ripetono oggi che è finito in carcere Gaetano Savoca, accusato di essere il capomafia di Brancaccio.
Chiesto il rinvio per favoreggiamento anche per i commercianti Salvatore Messina, Giuseppe Lo Negro, Stefano Anzelmo: avrebbero negato di avere pagato il pizzo. Adesso rischiano di finire sotto accusa. Sempre a Brancaccio altri 31 commercianti sono già imputati.
La nota di Addiopizzo
“Se si vuole imprimere una svolta decisiva per superare fenomeni di criminalità organizzata ed estorsivi, occorre che la politica investa per risanare le profonde sacche di povertà e degrado che investono le sue periferie e che generano fenomeni di devianza e di illegalità diffusa – spiegano dal comitato Addiopizzo-. Territori e quartieri dove diritti fondamentali come quello alla casa, al lavoro, all’istruzione e alla salute restano un miraggio per molti”.
“Non ci si può più affidare soltanto al lavoro di magistrati e forze dell’ordine, ma è necessario che chi governa e amministra crei un’alternativa sociale ed economica a Cosa nostra che nelle periferie – conclude la nota – con le sue attività illecite, costituisce oramai un ammortizzatore sociale“.