PALERMO – Quel terreno era suo e non aveva alcuna intenzione di perderlo. Divenne una questione di principio e onore. Matteo Messina Denaro nel 2013 prese carta e penna e inviò una lettera alla figlia del boss Alfonso Passanante che avrebbe deciso di “rubare il terreno”.
“Voglio rispondere”
Messina Denaro risponde al giudice Alfredo Montalto. “Ascolti io voglio rispondere… le risponderò su tutto quello che compete la mia persona… sul resto non mi interessa rispondere”, taglia corto il capomafia. La sua, insomma, non è un’apertura di fronte alla magistratura, ma la rivendicazione di un diritto di proprietà.
Secondo la Direzione distrettuale antimafia di Palermo, il boss nel 2013 avrebbe firmato una lettera intimidatoria per dirimere, a modo suo, la questione sull’utilizzo di un terreno che in passato era stato anche nella disponibilità di Totò Riina e poi del boss di Campobello di Mazara, Alfonso Passanante. Infine era stato ereditato dai figli di quest’ultimo. Messina Denaro avrebbe esercitato pressioni affinché cedessero la proprietà di un vasto appezzamento di terreno in contrada Zangara. Da qui l’accusa di estorsione contestata dal procuratore Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Giovanni Antoci e Gianluca De leo.
Il 29 dicembre 2013 la figlia di Passanante, Giuseppina, fu intercettata mentre chiedeva al boss Vito Gondola informazioni sulla missiva che, secondo la ricostruzione dei pm, gli sarebbe stata consegnata da Vincenzo La Cascia. Messina Denaro parla. Si mostra disponibile e beffardo al tempo stesso. “Vincenzo La Cascia lo conosco, ha lavorato tanti anni con me tutti gli anni ’80 fino a quando sono stato libero fino al 1993”, racconta il boss che scagionerebbe La Cascia.
La storia del terreno
Poi racconta la storia del terreno: “Questo terreno è stato comprato da mio padre nel 1983. Mio padre era amico del padre della signora Passanante e allora ha chiesto a Passanante Alfonso se poteva fare il favore di intestarsi questo bene”. Andarono da un notaio: “… si fece l’atto, lui conduceva le operazioni in campagna e aveva a che fare con me, il passante Alfonso, per i conti che dovevamo fare”. Le cose filavano liscio. Poi, l’intoppo: “Passano gli anni, si arriva agli anni ’90. Mio padre è latitante e il Passanante in carcere. Io sono pure latitante e ad un tratto so per vie traverse che tutti i loro beni sono stati ipotecati da alcune banche per vicende loro che a me non interessa”.
“La signora Passanante…”
Il padrino, collegato in video conferenza, mostra risentimento verso la donna: “… naturalmente la signora Passanante in tutti questi anni di mia assenza si tiene sempre il profitto di questo terreno e mai nessuno le chiese niente cioè io mai chiesti alla signora Passanante… a me interessava che il terreno non si perdesse quindi mi stava bene così”.
Messina Denaro racconta di avere conosciuto la donna “mentre facevamo dei conti con il papà Alfonso, fu un’estate nel 1991, lui mi disse ‘la vita è fatta di vita e morte’ dice Io ho la mia età, tuo papà non c’è, può darsi che io muoia, questa cosa come resta così in aria, vuoi che ti presento a mia figlia così nel caso succeda qualcosa a me lei sa che il terreno è tuo…”
La famiglia Passanante avrebbe attraversato un momento di difficoltà: “… loro avevano tutto ipotecato alle banche… la signora Passanante ha sistemato tutto con le banche… ha fatto un muto per i fatti suoi”. Messina Denaro si mosse per recuperare il terreno che “poi è della mia famiglia, anche l’avvocato che lei ha di fronte (Lorenza Guttadauro, figlia della sorella Rosalia Messina Denaro e di Filippo Guttadauro ndr) che è una mia nipote sarebbe stata pure proprietaria di una parte di questo terreno e allora che cosa ho fatto l’ho contattata con una lettera… io l’ho firmata non ho detto pseudonimi, ho firmato con Matteo Messia Denaro perché io credevo di essere nella ragione”.
La donna si sarebbe rivolta al boss Vito Gondola, fedele alleato di Messina Denaro e oggi deceduto. L’ex latitante si è fatto un’idea: “… pensava, pensa ancora che io potessi essere intimorito da Gondola o quantomeno il Gondola avesse la capacità di intimorirmi di parlare quasi alla pari effettivamente non l’ho conosciuto però so benissimo chi era”.
Messina Denaro mica “Biancaneve”
L’accordo iniziale prevedeva anche le modalità per riavere il terreno. O meglio, i soldi della vendita: “Poi cambiano i tempi, lo Stato cambiò leggi si mise a sequestrare tutto, cioè nel momento in cui passava a noi è normale che lo sequestravano e confiscavano quindi a noi non ci conviene più toccare questo terreno. La prassi però voleva, e la signora Passanante lo sa, che il momento in cui io avrei deciso avevo bisogno io, lo facevo sapere, lei lo vendeva e mi mandava i soldi, prima se li metteva in banca e poi a poco a poco li prendeva ovviamente io le avrei fatto un regalo per tutto invece lei si vuole rubare… quindi lei doveva vendere e dare i soldi a me… ma lei non ha sistemato niente”.
Nonostante la lettera inviata a Giuseppina Passanante per posta Messina Denaro non ha riottenuto il terreno. È riuscito, però, a bloccare la vendita contattando gli acquirenti. Così ricostruisce la vicenda, facendo anche dell’ironia. “Allora, voglio chiarire: se fosse stata Biancaneve a parlare con questi che stavano comprando la terra, si sarebbero fatti una risata. Quindi per forza dovevo essere io”. Una gran parte del verbale è omissata. Solo le frasi con cui sostiene di non avere visto i boss corleonesi e nega di avere sciolto nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo.