"Connivenze politiche | e controlli colabrodo" - Live Sicilia

“Connivenze politiche | e controlli colabrodo”

Nell'ordinanza che ha portato in carcere dieci persone, il giudice per le indagini preliminari parla di "sistema asservito a fini propagandistico-politici" e se la prende con la Regione che non ha garantito i controlli.

l'atto d'accusa del gip sulla
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MESSINA – La Formazione professionale esce, ancora una volta, con le ossa rotte. E si trascina dietro l’intera macchina della burocrazia regionale. Giudicata incapace di prendere le contromisure al malaffare. Dall’inchiesta di Messina viene fuori uno spaccato di “mancati controlli”, “sprechi” e “sistematiche sottrazioni di denaro pubblico”.

L’incipit della misura cautelare è un atto d’accusa ad un sistema asservito, secondo la ricostruzione della procura di Messina, agli interessi della politica. Dopo avere elencato i nomi degli indagati, il giudice per le indagini preliminari Giovanni Di Marco li accusa di “essersi associati tra loro e con altri, essendo legati anche da vincoli di appartenenza politica e familiare, allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti di peculato, truffa aggravata, reati finanziari e falsi in bilancio connessi alla gestione degli enti di formazione Aram e Lumen – gestione orientata anche a finalità di propaganda politico-elettorale e finanziata con fondi erogati dalla Regione Siciliana, ottenuti grazie anche all’accreditamento politico effettuato dagli esponenti politici di riferimento; nonché per trarre profitto dalla predetta gestione attraverso società private fornitrici di servizi, di cui avevano il controllo, diretto o indiretto, persone appartenenti al medesimo gruppo politico e/o familiare che aveva la rappresentanza degli enti”.

Il j’accuse prosegue quando il giudice fa notare che “le indagini soffrono di una sorta di frammentazione, derivante anche dal caos normativo ed organizzativo della Regione Siciliana e delle strutture regionali deputate alla gestione della formazione e della palese e spesso colpevole inadeguatezza del sistema dei controlli”. Il giudice mette in dubbio il ruolo stesso della Regione siciliana. E stigmatizza l’inefficienza della burocrazia regionale: “Gli accertamenti hanno evidenziato molteplici irregolarità ed anomalie (molte delle quali, peraltro, intuibili già dall’esame della documentazione contabile, cosa che porta a riflettere circa la natura e la capacità del meccanismo di controllo regionale) tali da indurre a ritenere che gli stessi enti finiscano col diventare uno strumento per l’acquisizione e la sottrazione di risorse pubbliche”.

Eppure si è di fronte a tecniche di reato che “risultano spesso per nulla sofisticate”. Non siamo di fronte a menti eccelse del crimine, dunque, ma la capacità di contrastarli è praticamente nulla. Tanto che il Gip conclude con un’amara riflessione: “Non può escludersi che analogo risultato si otterrebbe analizzando la situazione della maggior parte degli altri enti ed organizzazioni impegnati in questo settore”.

Come dire, rimbocchiamoci le maniche e passiamo al setaccio l’intero mondo della Formazione. Un fenomeno che, scrive ancora il giudice, “assume proporzioni estremamente rilevanti e, grazie ad un meccanismo di controllo tutt’altro che esemplare e ad un sistema di approvazione dei finanziamenti che, più che sorprendere, talora sconcerta, fornisce l’occasione per la realizzazione di quelli che, nella migliore delle ipotesi, sono sprechi; nella peggiore, sono operazioni sistematiche di sottrazione di denaro pubblico”.

E a questo punto che nella misura vengono richiamate le parole di Ludovico Albert, alla guida del dipartimento della Formazione dal febbraio 2011 al novembre 2012 per scelta dell’ex governatore Raffaele Lombardo e allontanato quando a Palazzo d’Orleans si insediò Rosario Crocetta. Parole che, “pur nella loro evidente approssimazione ed inadeguatezza”, si legge nella misura, descrissero un quadro sconfortante. Il Fondo Sociale Europeo (nell’ambito del quale si colloca la formazione come attività preponderante) per il settennio 2007-2013 prevedeva un budget di 2,1 miliardi di euro. L’ultimo bando predisposto da Albert ne assegnava 850 milioni tre anni. A chi? Ad “enti accreditati, di solito in base a mera autocertificazione ed in assenza di veri e propri controlli sostanziali”, che “sarebbero addirittura circa 1.600, quasi cinque volte più di quelli accreditati in regioni quali il Veneto” e per i quali “le verifiche, normalmente postume, avvengano a distanza di anni dallo svolgimento delle attività e dall’impiego del denaro pubblico”.

“Lo stesso Albert ha sostenuto di essere stato costretto, avendo assunto l’incarico di direzione, conclude il Gip – addirittura a blindare gli atti relativi alla formazione dei nuovi bandi, allo scopo di impedire sia interferenze più o meno indebite, che fughe di notizie; nonché di avere incontrato l’opposizione della stessa commissione Istruzione dell’Assemblea regionale siciliana quando aveva preteso di inserire nei bandi la clausola del costo standard, fissato, su base statistica, in euro 135 l’ora per corsista (costo che, peraltro, appare tutt’altro che modesto), in luogo di meccanismi flessibili che, avendo maggiori margini di discrezionalità in ordine agli importi finanziabili, lasciavano più spazio ad operazioni irregolari”. Ed ancora: “In proposito, pur all’occhio inesperto e grossolano, non può sfuggire come i costi per l’organizzazione di tali corsi – pur prescindendo dai risultati che non pare siano particolarmente lusinghieri – appaiano spesso esorbitanti e, verosimilmente, fuori di ogni logica di mercato”.


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