Il rientro di Micari all'Università | I mugugni e la telefonata con Renzi - Live Sicilia

Il rientro di Micari all’Università | I mugugni e la telefonata con Renzi

Fabrizio Micari

Il rettore torna allo Steri, qualcuno chiede le dimissioni. "Parentesi chiusa, torno nel mio mondo"

PALERMO – “Buongiorno, è già tornato al lavoro? Ebbene sì. Sono qua, ci sono mille cose da fare”. Fabrizio Micari si è ripreso il suo posto di rettore dal quale si era momentaneamente congedato per tentare di diventare presidente della Regione.

La definisce “una parentesi di impegno politico”. A giudicare dalle sue parole sembra davvero anni luce lontano da un contesto nel quale era immerso fino ad una manciata di ore fa. Non perché rinneghi la scelta di candidarsi, ma perché “torno a fare quello che mi piace”.

Il ritorno, appunto. È questo il tema che crea mugugni. Erano già esplosi nei giorni della candidatura e si sono riproposti stamani nel corso di un’assemblea convocata nell’aula magna di quella che un tempo era la facoltà di Lettere e filosofia dall'”Associazione nazionale docenti universitari”. Un’ottantina di persone hanno sollevato chi un problema politico e chi etico legato al ritorno di Micari alla guida dell’Ateneo. Le voci più critiche ne hanno chiesto le dimissioni.

La questione sollevata può essere così riassunta: Micari si è candidato portandosi dietro il peso del suo incarico di rettore e ora che è di nuovo rettore si porta dietro quello di candidato. Ci saranno o meno conseguenze quando dialogherà con il presidente della Regione che è stato il suo avversario politico?

Secondo Marco Antonio Pirrone, coordinatore dell’esecutivo di Andu Palermo, c’è “un problema politico enorme. Nel corso della discussione è emerso un sentimento di malessere e disagio. Lo Statuto prevede che il il rettore sia garante della terzietà”. Per Pirrone non si tratta di stare con o contro Micari, ma il tema è più ampio e riguarda tutti gli atenei italiani. Ora c’è da capire se quelli emersi durante l’assemblea resteranno mal di pancia o poco più.

Qualcuno sussurra la parola “sfiducia”, ben consapevole, però, che i numeri non ci sono. Da statuto ci vorrebbe il voto dei due terzi del Senato accademico, ma Micari godeva e gode di grande stima nel mondo universitario. Basta ricordare che due anni fa si aggiudicò la guida dello Steri con mille e 500 voti, contro i poco meno di 500 del suo avversario, Vito Ferro. E in tanti gli riconoscono i risultati gestionali fin qui ottenuti. Insomma, la sua leadership pare non essere in discussione.

Micari è tornato al lavoro. Di “fronde interne” non vuole sentire parlare: “Non credo che ci siano” e sottolinea “l’affetto” con cui è stato accolto stamani: “Ci sono tante cose da fare. I lavori al Policlinico, i progetti tenici, i corsi di studio”. Per domani è già fissato una riunione del consiglio di amministrazione di cui il rettore è presidente.

La sua esperienza politica, però, è troppo vicina per non parlarne: “Sapevo che si trattava di una battaglia difficile, ma lo è stata più del previsto. Non siamo stati a bravi a fare emergere la discontinuità con la precedente esperienza di governo regionale. La divisione della sinistra ha pesato, è stata dannosa anche se Claudio Fava non ci ha guadagnato chissà cosa. Il centrodestra ha mostrato unità e per questo bisogna fare loro i complimenti”.

Ecco l’unico passaggio in cui Micari parla di politica al futuro. Quasi involontariamente lancia uno sguardo in avanti: “Ora vedremo che succederà, a cominciare dalla scelta degli assessori”. Le sue parole, però, non hanno alcuna declinazione polemica.

E l’opportunità che un candidato torni a fare il rettore? “Con tutto il rispetto, Roberto Lagalla è stato assessore di Cuffaro e poi ha fatto il rettore. Aveva una targa politica evidente. Anche il suo predecessore Giuseppe Silvestri era espressione di una parte politica. Non vedo vergini o persone che vivono fuori dal mondo. Io non ci ho mai visto niente di male, perché dovrebbe andare diversamente quando si parla di me? Ciascuno ha le proprie idee politiche, ma non c’entrano con l’attività amministrativa che svolgiamo”.

Un parentesi politica dunque. O meglio, “un progetto per i giovani. Ho sempre lavorato accanto ai giovani e a loro pensavo quando ho deciso di candidarmi. Non ci sono riuscito e sono felice di tornare nel mio mondo, quello universitario dove lavoro da ventinove anni”. Nessuna proposta politica nazionale, come riconoscimento per essersi immolato nel disastroso post Crocetta? “Nessuna da nessuno (lo dice con un tono netto)”. E Matteo Renzi? “Mi ha telefonato ieri pomeriggio. Si è complimentato per l’impegno e la competenza con cui ho lavorato al progetto”. Parentesi chiusa.


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