Pronto ad alleanze “con tutti quelli che vogliono il bene della Sicilia, dal Pd al Mpa…” ma quando LiveSicilia chiede a Gianfranco Miccichè cosa ne pensa dell’invito di Massimo Russo a rinnegare Dell’Utri per raggiungere un’intesa politica, il leader di Grande Sud innervosito taglia corto: “Russo rinneghi certa magistratura e poi ne parliamo”. Non è piaciuto proprio a Gianfranco Miccichè l’invito di Massimo Russo a mettere da parte il proprio padrino politico per trovare un’intesa alle prossime regionali. Il leader di Grande Sud si è infastidito e con la domanda di LiveSicilia ha concluso bruscamente i due minuti concessi ai giornalisti per fare il punto sull’inizio di questa nuova campagna elettorale da candidato presidente della Regione.
Miccichè ha scelto il cupolone del centro congressi Ciminiere di Catania, alle falde dell’Etna, per dare il via alla raccolta dei candidati, coccolato da un bagno di folla di circa duemila militanti rigorosamente in doppio petto con tanto di cravatta arancione. Dieci pullman sono arrivati da ogni angolo del Meridione, dalla Puglia sino a Trapani, passando da Enna e Caltanissetta. Miccichè è cosciente del fatto che le cose non vanno per il verso giusto in Sicilia “forse siamo colpevoli tutti – dice il leader di Grande Sud – la situazione può precipitare da un momento all’altro, per questo siamo pronti a dialogare con tutti quelli che vogliono il bene della Sicilia compreso Pd ed Mpa, non abbiamo limiti, non abbiamo pregiudizi, non abbiamo remore”.
“Serve un nuovo presidente – aggiunge Miccichè – che consenta, attraverso le elezioni di commissariale la Regione”. Il delfino di Dell’Utri è convinto che Lombardo si dimetterà entro 15 giorni, ma anche del fatto che l’attuale presidente della Regione uscirà definitivamente dalla politica. Grande Sud, però, lascia aperta una porta agli autonomisti: “C’è brava gente in quel partito” dice Miccichè.
“Avete sostenuto contro di me Raffaele Lombardo. Poi, dopo l’elezione, l’ho sostenuto io contro il Pdl, quindi è intervenuto il centrosinistra e L’Udc, Fli, ci siamo dentro tutti fino al collo”. Usa la metafora del mare in tempesta, Gianfranco Miccichè per descrivere lo stato dell’arte dei partiti nazionali in terra di Sicilia. “Qualcuno guida piccole o grandi navi, ma stiamo per arrivare vivi alla spiaggia”, a sessanta giorni dal voto “non possiamo parlare di primarie, sono tipiche di un partito, non di una coalizione e non c’è il tempo per farle”.
Destra e sinistra, per Miccichè “i comunista sunu comunista, da quella parte non sunu boni, ma, come diceva Leontini, manco dalla nostra semu boni”. A questo punto arriva la prima frecciatina al Pdl, rappresentato in platea da Innocenzo Leontini e Giuseppe Castiglione: “Molto spesso è difficile discutere, ci siamo detti di tutto. È troppo facile dare a Lombardo tutte le colpe. Siamo colpevoli tutti, nessuno di noi può dire che non c’era. Non solo con Lombardo, io mi riferisco agli ultimi 20 anni”.
Per Miccichè bisogna “azzerare tutto”. “Diamoci un taglio – dice il leader di Grande Sud – mettiamo un punto, senza avere preconcetti, possiamo vedere tutti, compreso Lombardo, perché ci dobbiamo fare la doccia tutti”. E dopo il bastone, Miccichè sfodera la carota. “Eppure la Palermo-Messina l’abbiamo fatta, la Catania-Siracusa pure, io voglio trovare in politica un altro politico che mi dia qualcosa di fatto. Io voglio sapere che cosa hanno fatto per essere promossi a presidente della Regione. Non possiamo più correre il rischio di avere qualcuno alla Regione di cui non ci fidiamo. Lombardo era odiato da tutti, lo avete sostenuto pur di non avere Miccichè”.
Di epopea in epopea Micciché perde quasi il controllo. “Arrivo all’esaltazione di me stesso, minchiate non ve ne faccio fare più mi candido io a presidente della Regione, mi piacerebbe anche fare il presidente dell’assemblea, ma un candidato presidente non me lo date quindi mi candido io. È definitivo”.
Ad attendere Miccichè c’era il senatore Salvo Fleres, coordinatore provinciale catanese di Grande Sud, garante dei diritti dei detenuti. Arrivato nel cuore del centro congressi scatta l’ovazione, il primo ad abbracciarlo è l’onorevole Giovanni Cristaudo, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa nel processo Iblis, lo stesso di Raffaele Lombardo. Salito sul palco, Cristaudo spiega: “Il dialogo tra la base e i dirigenti del partito è la cosa più importante”. Poi tocca a Innocenzo Leontini, “braccio armato” del Pdl anti-Lombardo, che rievoca il tema storico del “ribaltonismo” presidenziale che ha portato “al fallimento della Sicilia e alla conquista del primato delle negatività”.
Dal palco arriva anche l’attacco al sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli: “Dopo la primavera di Enzo Bianco, l’estate di Scapagnini, è arrivato l’autunno di Stancanelli”. Applaude in prima fila Pippo Arcidiacono, ex assessore all’Urbanistica di Scapagnini e del primo anno di governo di Stancanelli. Arcidiacono, vice di Fleres a Catania, è convinto che con Stancanelli il Comune si sia paralizzato. “E’ fermo tutto”, dice a LiveSicilia mentre si lascia scappare, sottovoce, un retroscena: “Siamo stati a pranzo con Firrarello che ha parlato da solo con Miccichè…”.
Difficile dire se Miccichè abbia i numeri del 61 a zero, ma la compagnia, nonostante sigle diverse, dieci anni dopo sembra compatta, alle diciannove arriva Giuseppe Castiglione, il coordinatore regionale del Pdl di Alfano e Berlusconi, che all’improvviso riscopre una seconda casa sotto l’ala di Grande Sud.