PALERMO – Il centrodestra ci riprova. Dopo i due tentativi falliti di eleggere Gianfranco Micciché presidente dell’Ars, nel corso della seduta di ieri, oggi sarà la maggioranza ci riproverà per la terza volta. E se servirà, anche per la quarta. Questo prevede infatti il regolamento interno dell’Ars. Dopo le prime due fumate nere, infatti, cambia la soglia minima per giungere all’elezione. Se nel primo caso, infatti, era necessario ottenere il voto di due terzi dei componenti dell’Assemblea (47 voti) e se nel secondo bastava la maggioranza più uno degli stessi componenti (36 voti), oggi, in terza votazione, basterà la maggioranza dei votanti. Una differenza non da poco, visto l’esito della votazione di ieri. Nel caso in cui non dovesse andare bene nemmeno la terza votazione, si andrà al ballottaggio tra i due deputati più votati. E a quel punto potrebbe succedere di tutto.
Ieri, intanto, Micciché è arrivato davvero a un passo dal risultato sperato. È mancato infatti solo un voto. Un esito paradossale, frutto di diversi fattori. A cominciare dalla presenza di due franchi tiratori all’interno della maggioranza di centrodestra. Riconoscibilissimi, se non nell’identità certamente nelle intenzioni, visto che uno di questi ha votato per un altro deputato di Forza Italia (nel primo caso Savona, nel secondo Mancuso) differenziandosi quindi dal resto della coalizione che ha indicato Micciché, mentre l’altro aggiungeva il proprio voto a quello che il deputato grillino Sergio Tancredi ha indirizzato a se stesso. I deputati del Movimento cinque stelle infatti avevano scelto infatti questa strategia: ciascuno di loro avrebbe segnato sulla scheda il proprio nome. Solo a Tancredi sono arrivati due voti. Uno è giunto dal centrodestra.
Ma non solo franchi tiratori. A complicare i piani di Micciché sono intervenuti anche fatti che non hanno nulla a che vedere con la politica: il grave lutto che ha colpito il deputato di centrodestra Pippo Gennuso assente a causa della scomparsa della moglie. Se fosse stato in Aula, insomma, probabilmente la partita sarebbe già chiusa.
Ma potrebbe chiudersi oggi, appunto, quando Gennuso è atteso a Sala d’Ercole. Nel frattempo, però, ieri a “compensare” il voto ‘infedele’ dei franchi tiratori era arrivata la scelta degli uomini di Sicilia Futura di separare la propria strategia da quella del Pd. Nicola D’Agostino ed Edy Tamajo, infatti, hanno deciso, in seconda votazione, di esprimere la propria preferenza, a differenza dei Dem che si sono astenuti in blocco. Quasi certamente, quel voto è andato proprio a Musumeci. Una scelta che ha già innescato una polemica. Esponenti del Pd hanno accusato gli uomini di Cardinale di essere la “stampella” del centrodestra, mentre il segretario regionale del partito D’Agostino ha aspramente criticato la scelta dei Dem di non votare. Entrerà anche questo, nel calderone di oggi. Quando a Micciché, probabilmente, basterà ricevere gli stessi voti di ieri, insieme a quello di Gennuso. Se ciò non avverrà, la quasi scontata elezione del commissario di Forza Italia rischia di trasformarsi in una lotteria.
Anche perché, nelle tarde ore del pomeriggio di ieri si era fatta strada una ipotesi fino a poche ore fa impensabile. Ed è stata in qualche modo suggerita dalle parole del leader siciliano del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri che ha, da un lato, aperto a un possibile accordo col resto dell’opposizione, dall’altro ha “punto” il centrodestra: “Micciché per noi non è votabile: dateci un altro nome e siamo pronti a votarlo anche noi”. Una pietra nello stagno, probabilmente, poco più. È difficile pensare infatti che M5s, Pd e Fava possano votare compatti un candidato che sarebbe eletto solo nel caso in cui si creasse anche una “fronda” interna al centrodestra, con lo “strappo”, oltre dei due franchi tiratori, anche di altri tre o quattro deputati. Uno scenario altamente improbabile. Ma a dare l’ultima risposta sarà solo l’urna di Sala d’Ercole.