MILANO – E’ stata iscritta in Procura a Milano la procedura in vista dell’ordine di esecuzione della pena per l’ex attaccante del Milan Robinho, condannato in via definitiva, assieme ad un amico, lo scorso 19 gennaio a 9 anni di carcere per violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza albanese di 23 anni, che subì abusi all’interno di un locale del capoluogo lombardo la notte del 22 gennaio 2013.
Dunque, nei prossimi giorni, come prevede la normativa, nei confronti dell’ex giocatore rossonero e del suo amico, che vivono entrambi in Brasile, l’ufficio esecuzione della Procura formulerà la richiesta di estradizione con contestuale mandato d’arresto internazionale. Al momento, infatti, gli atti sono arrivati dalla Cassazione e il fascicolo dell’esecuzione è stato iscritto e assegnato al pm Adriana Blasco.
Dopo la raccolta di alcuni documenti per l’accertamento dell’identità dei due condannati, scatterà la fase dell’ordine di esecuzione con la trasmissione al Ministero della Giustizia della richiesta di estradizione, da far pervenire alle autorità brasiliane, e l’emissione del mandato d’arresto. Pare scontato che Robinho non sarà consegnato alla giustizia italiana perché la Costituzione federale brasiliana non consente l’estradizione dei propri cittadini, ma con il mandato d’arresto internazionale potrebbe essere arrestato qualora uscisse dal Brasile e fosse rintracciato in un altro Paese.
La Suprema Corte ha confermato i 9 anni di carcere (decisi dalla Corte d’appello milanese il 10 dicembre 2020) per Robinho, al secolo Robson de Souza Santos, e per un suo amico, Ricardo Falco, per violenza sessuale di gruppo. Per l’ex attaccante milanista e per l’amico nel corso delle indagini non erano state emesse misure cautelari, mentre gli altri uomini che avrebbero preso parte alle violenze non sono mai stati trovati. Per questa vicenda il Santos, squadra carioca per la quale il calciatore era tornato a giocare dopo le esperienze anche col Manchester City e in Turchia, aveva deciso di sospendere il contratto.
Secondo le indagini, l’ex stella brasiliana avrebbe fatto bere la ragazza fino al punto da renderla incosciente e poi l’avrebbero violentata a turno, senza che lei potesse opporsi, in un guardaroba di un locale notturno della movida milanese, dove la giovane si era recata per festeggiare il compleanno. Il sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser nel processo d’appello aveva chiesto la conferma delle due condanne smontando le quattro consulenze tecniche prodotte dalla difesa di Robinho, tra cui una con foto tratte dai social e che puntava a dimostrare che la ragazza era solita bere alcolici. Nelle motivazioni della sentenza d’appello i giudici hanno scritto che l’ex talento rossonero e i suoi “complici” (altri quattro gli irreperibili) hanno manifestato “particolare disprezzo” nei confronti “della vittima che è stata brutalmente umiliata” e hanno “da subito cercato di sviare le indagini offrendo agli inquirenti una versione dei fatti falsa e previamente concordata”.