PALERMO – C’è qualcuno che ha preso il posto di chi ha saltato il fosso. Qualcuno che ha subito messo le cose in chiaro. Nella zona di Bagheria vige la regola di Cosa nostra. Non importa se si sia pentito chi fino a ieri quella regola era chiamato a farla rispettare.
Allora potrebbe non essere un caso che a squillare nel cuore della notte sia stato il telefono di Gianluca Maria Calì, il titolare della concessionaria Calicar che nel 2011 ricevette tre visite poprio da Sergio Flamia, il neo pentito del clan di Bagheria. Il 14 luglio, il 3 e il 4 ottobre 2011 Flamia si presentò nei locali della concessionaria di macchine all’uscita dello svincolo autostradale di Altavilla Milicia. Cercava il titolare che in tutte e tre le occasioni si inventò una scusa per non incontrarlo.
In mezzo accadde qualcosa che ha cambiato la vita di Calì. Il 3 aprile del 2011 un incendio doloso distrusse le macchine parcheggiate davanti alla concessionaria. Qualche giorno prima, sul cancello di casa del fratello di Calì, l’ex presidente dell’ordine degli ingegneri di Palermo, fu disegnata una croce. Tra le intercettazioni acquisite in questi anni dai carabinieri c’è pure quella di una conversazione del 9 febbraio scorso fra Raffaele Purpi e Rosario La Mantia, due persone finite sotto inchiesta. ll Gps segnalava il passaggio della loro macchina imbottita di microspie di fronte alla concessionaria.
La Mantia: “Sto vedendo di agganciare qua… è difficile… però lo devo agganciare… gli hanno fatto un mare di danno… uno… lì gli devo parlare io diretto…perché… incomprensibile…sta portando tutte cose quà…la non ci vuole stare più…”. Forse colui che “gli aveva fatto un mare di danno” era proprio Sergio Flamia. Forse anche questo episodio sta raccontando ai carabinieri che stanno raccogliendo le sue confessioni.
Nel frattempo c’è qualcuno che decide di tornare a minacciare un imprenditore che ha trovato la forza di denunciare il racket. Una sfida al suo coraggio e, direttamente o indirettamente, allo stesso Flamia? L’interrogativo resta. Di certo c’è l’episodio di qualche giorno fa. Nel cuore della notte il telefonino di Calì squilla. Una, due, tre volte. L’imprenditore crede che abbiano sbagliato. Ma l’uomo dall’altro capo della cornetta taglia corto. È proprio lui che cercano. Poi riagganciano, senza aggiunere nulla. Gianluca torna dai carabinieri che, appare scontato, chiederanno chiarimenti al neo collaboratore di giustizia che si è pentito quando ha capito che rischiava la vita. Chi voleva ammazzarlo è ancora in circolazione. E potrebbe essere lo stesso che è tornato a prendere di mira l’imprenditore antiracket.