Minacce e coltellate mortali dopo due denunce | L'omicidio di Rosy si poteva evitare? - Live Sicilia

Minacce e coltellate mortali dopo due denunce | L’omicidio di Rosy si poteva evitare?

di MONICA PANZICA Avevano denunciato molestie e minacce. Rosy Bonanno e i suoi genitori sapevano di essere in pericolo e avevano raccontato tutto alle forze dell'ordine. Una denuncia fu ritirata. Il Comune: "I servizi sociali le avevano offerto un alloggio, ma rifiutò".

PALERMO, IL DELITTO DI VIA ORECCHIUTA
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PALERMO – Più di dieci coltellate. E in tutto il corpo. Colpi mortali, sferrati con una rabbia disumana. Benedetto Conti, 36 anni, non poteva avere quella che riteneva la sua donna e, di conseguenza, nemmeno il bambino, che viveva con la sua ex dopo la separazione. Per il piccolo, che oggi compie due anni, sarà un compleanno senza la sua mamma: la fine di un calvario iniziato a gennaio, è stata quella della morte. Eppure Rosy aveva avuto il coraggio di denunciare l’ex compagno, aveva cercato aiuto, aveva raccontato tutto alle forze dell’ordine. Insomma, Rosy sapeva di essere in pericolo. E lo sapevano pure i suoi genitori che, insieme a lei, avrebbero subito minacce, intimidazioni e colpi di testa di Conti, oggi finito in manette. Quella che rimbomba nella mente di chi ascolta lo sfogo di Teresa Matassa, la madre di Rosy, è una domanda semplice, quanto fondamentale: “Si poteva evitare?”. C’era qualcosa da fare per non permettere che una tragedia annunciata, in quanto tale, non avvenisse?

Erano state due le denunce presentate da Rosy Bonanno e dai genitori alla polizia e ai carabinieri. In un caso, però, la denuncia fu ritirata, forse sotto pressione del compagno. Nell’arco di quattro mesi, quella gabbia di violenza e pressione psicologica in cui si era ritrovata, avevano portato la ragazza all’esasperazione. Non tollerava più quell’uomo al citofono, quei pugni alla porta, le urla, le minacce. Minacce fisiche e telefoniche, come ha raccontato la madre della vittima, Teresa Matassa, “che rendevano la nostra vita impossibile”. L’abitazione di via Orecchiuta, in cui Rosy si era rifugiata per proteggere se stessa e il piccolo, era diventata la meta quotidiana di Conti. “La tartassava – spiega Carmine Mosca, capo della Omicidi della Squadra mobile che sta indagando sul delitto – andava ogni giorni da lei, non si fermava davanti a nulla”.

Conti, tentando di ottenere l’affidamento del bambino, raccontò infatti alla polizia che la sua ex e la madre avevano maltratto il bambino. “Si inventò tutto – ha detto Teresa Matassa, in preda alla disperazione – era lui a maltrattare anzitutto mia figlia”. E’ una storia di dolore, strazio e rammarico quella di Rosy, consapevole di essere in pericolo, di rischiare la vita, ma con la terribile sensazione di essere da sola. Così come lo è stata quando Conti l’ha raggiunta a casa. Sotto quel tetto, al momento della tragedia, c’erano soltanto lei e il suo bambino, in fuga da mesi di terrore. Ma quel terrore si ripresentava puntualmente. Ogni giorno e a volte anche la notte.

Le denunce arrivate all’autorità giudiziaria sono di minacce e molestie. Entrambe le accuse rientrano tra “gli atti persecutori”, ovvero lo stalking, che lede la vita privata e distrugge il benessere psicologico. Ma quelle di Rosy non erano mai state puramente denunce di stalking, nonostante Conti la perseguitasse imperterrito, dando vita anche a liti familiari all’interno dell’appartamento. Alla polizia risultano, infatti, alcuni interventi delle volanti in via Orecchiuta, dove gli agenti si sono ritrovati a dover placare gli animi per evitare il peggio. “Purtroppo – aggiunge Mosca – i provvedimenti che seguono alle denunce di stalking sono molto blandi, siamo i primi noi a riconoscerlo”. E anche l’iter che porta all’eventuale arresto è lungo e complicato. Prevede, infatti, un primo ammonimento del questore, poi c’è la querela. La custodia cautelare arriva soltanto per i casi più gravi, ma il procedimento che riguardava Conti, non sarebbe ancora arrivato a quel punto. E così, lui aveva continuato a perseguitare Rosy. “Da controlli nel registro generale delle notizie di reato abbiamo accertato che la signora Rosy Bonanno aveva denunciato due volte, una nel 2010, l’altra nel 2011”, hanno affermato in serata il procuratore di Palermo Francesco Messineo e l’aggiunto Maurizio Scalia, che coordinano l’inchiesta sull’omicidio. “Entrambe le denunce furono archiviate dal gip su richiesta della Procura perché la signora, risentita dagli inquirenti, minimizzò i fatti e in un caso ritirò la querela sostenendo che i dissidi erano cessati e che si era riconciliata con Conti. “Ci riserviamo di fare ulteriori accertamenti – hanno detto magistrati – ma allo stato dalle ricerche, fatte col doveroso scrupolo, è emerso questo”

Inoltre, il Comune voleva aiutarla, voleva soddisfare le sue stesse richieste. Rosy, infatti, prima di trovare sistemazione dalla madre si sarebbe recata negli uffici dei Servizi sociali della terza circoscrizione, proprio insieme all’ex compagno. Era il 4 marzo: “E’ stata accolta dagli assistenti sociali – spiegano dal Comune – e ha spiegato di essere in cerca di una casa insieme all’uomo perché erano stati sfrattati dalla casa di Villabate. Entrambi hanno rifiutato la proposta che prevedeva il ricovero protetto per la madre e il figlio e, in una struttura separata, per il compagno. Dopo due giorni, la ragazza stessa comunicò che non c’era più emergenza perché sarebbe andata dalla madre. I servizi sociali comunicarono tutto alla Procura dei Minori, a cui è stata riferita la soluzione che avevamo proposto per tutelare madre e figlio dal padre violento”.

“Questa ulteriore violenza ai danni di una donna, di una giovane donna, ci interroga in modo angosciante su quanto lungo sia ancora il percorso da fare per porre fine a questa strage.” Lo afferma, a nome di tutta la giunta comunale, il sindaco Leoluca Orlando, che aggiunge che “allo stesso tempo, come rappresentanti delle Istituzioni, fatti come questo sono un ulteriore sprone affinché le procedure da adottare in situazioni di violenza, anche potenziale, siano il meno burocratiche possibile ed abbiano sempre come obiettivo primario la tutela delle vittime e la prevenzione di atti di violenza. In questa direzione si sta muovendo l’Amministrazione comunale che sta lavorando per rafforzare gli interventi di prevenzione e quelli legati all’assistenza e la protezione delle vittime”. Il 30 giugno scorso la Giunta Comunale aveva approvato, su proposta dell’Assessore Agnese Ciulla, l’adesione alla Convenzione “No more”. I dettagli della convenzione e le azioni previste sono dispinibili all’indirizzo http://www.comune.palermo.it/noticext.php?id=2195
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