CATANIA – Una relazione decennale e poi anni di minacce attraverso sms, post su facebook e intimidazioni anche ai danni del figlio e dell’ex marito. La pagina drammatica di una donna è finita in un’aula di tribunale e qualche giorno fa è arrivata la sentenza: due anni e tre mesi è la condanna inflitta dal Giudice Laura Benanti a N.S., 60 anni, catanese e impiegato nella pubblica amministrazione. Il nome dell’imputato non lo scriviamo solo per tutelare la vittima e soprattutto il figlio, assistiti rispettivamente dagli avvocati Maria Rita Zappalà e Giovanni Grasso.
La denuncia di Lucia (nome di fantasia) risale al 20 gennaio 2012: tre mesi dopo la fine del loro “travagliato” legame amoroso. Da quel momento è iniziato il suo calvario che ha finito per coinvolgere anche il figlio e il suo ex marito. Sono circa 700 i messaggi “ingiuriosi e minacciosi” che le arrivano al cellulare: ma non si ferma a questo lo stalker ce arriva a pubblicare sul suo profilo facebook la foto della donna con allegata la sua cartella clinica dovuta a un ricovero. Vessazioni e diffamazioni senza fine. L’uomo arriva a seguirla fino all’uscita dell’istituto scolastico del figlio: le tira con violenza i capelli e le chiede il nome del suo nuovo compagno. E’ il giovane a chiamare il 113. Episodio “confermato – scrive il giudice nelle motivazioni – dal figlio nel corso del suo esame al processo”.
L’imputato arriva a creare un profilo fb falso e contatta i compagni di scuola del figlio dell’ex compagna. Su quella bacheca postava foto che riprendevano la donna in pose “sconvenienti” con commenti offensivi. E oltre questo non mancavano le conversazioni diffamatorie con amiche di Lucia, con cui “alludeva” ad un possibile uso di filmati della loro intimità.
Non è finita: il figlio nel gennaio del 2012 presenta una querela perchè l’imputato lo aveva quasi investito con la macchina. “Lo specchietto retrovisore laterale dell’autovettura aveva agganciato lo zaino facendolo cadere a terra”. E il mese prima le minacce erano arrivate anche all’indirizzo del padre del giovane: l’imputato nel transitare nei pressi della casa dell’uomo aveva fatto il gesto di “tagliargli” la gola. Durante l’interrogatorio in aula racconta anche di “ricevere ancora (è dicembre 2014 ndr) lettere anonime di minaccia e di aver trovato sul sellino dello scooter un bossolo di arma e una croce”.
Episodi inquietanti che hanno portato alla rottura definitiva del rapporto. Ma c’era stato un ritorno della coppia: e la donna aveva chiesto all’ex marito anche di ritirare una delle querele. Ma il figlio ad un certo punto decide di andare a vivere con il padre per questa decisione che non approva. “Una condotta improvvida e deprecabile – scrive il giudice riferendosi alla ripresa del rapporto dopo le querele – ma non infrequente in tali tipi di relezioni dai connotati morbosi”.
L’imputato ha raccontato la sua versione: un rapporto durato fino al 2011, ma che era continuato attraverso contatti telefonici e qualche incontro. Inoltre ha affermato che in un momento di difficoltà di salute sarebbe stato vicino alla donna offrendogli sostegno e anche aiuto economico. Sarebbe stato anche vittima di alcune trappole: Lucia gli avrebbe dato un appuntamnento e poi inspiegabilmente aveva chiamato la polizia. Erano seguite denunce reciproche: l’imputato aveva denunciato l’ex per appropriazione indebita per la mancata restituzione di un prestito. E aveva “acconsentito a versare 2500 euro all’ex marito della donna per un precedente processo per stalking affinchè fosse ritirata la denuncia”. I contatti di “facebook erano solo per ampliare le conoscenze e non sapeva affatto dell’esistenza di un legame tra queste persone e il figlio della ex convivente”.
Ma per il giudice “il quadro probatorio” costituito dalle testimonianze e dalle indagini dei carabinieri e della polizia è “solido e unicovamente accusatorio”. “Dall’interruzione del rapporto sentimentale – scrive Laura Benanti – l’imputato ha sottoposto la donna, il figlio e l’ex marito a una persecuzione costante, posta in essere mediante pedinamenti e moleste, ingiurie e minacce, gesti violenti e diffamatori, compiuti mediante pubblicazioni di commenti e immagini sui profili facebook e per telefono”.
Il Tribunale ha inoltre condannato l’imputato al risarcimento dei danni morali e materiali: il giudice ha stabilito una provvisionale di 8000 euro per la donna, di 10000 euro per il figlio e 5000 euro per l’ex marito della vittima. “Le persone offese – si legge nelle motivazioni della sentenza – sono state per anni spiate, pedinate e braccate, con una limitazione tangibile della propria sfera di libertà e movimento”.