"Minacce e ritorsioni ai dipendenti" | Indagato il deputato Gennuso - Live Sicilia

“Minacce e ritorsioni ai dipendenti” | Indagato il deputato Gennuso

Gli chiesero il pizzo per il bar della Sala Bingo e, stando alle accuse, si rifece sui dipendenti.

PALERMO – Vittima e indagato. Il deputato regionale Giuseppe Gennuso è sotto inchiesta per estorsione ai danni di alcuni dipendenti della sala bingo del rione Guadagna a Palermo. Su tratta della stessa struttura per la quale l’onorevole avrebbe subito il sopruso mafioso. Il boss palermitano di corso dei Mille, Cosimo Vernengo, il figlio di quest’ultimo, Giorgio, e Paola Durante gli avrebbero chiesto il pizzo per lasciare il bar della sala Bingo che i Gennuso hanno preso in gestione nel 2015.

A denunciare Gennuso, il figlio Riccardo, Leonardo Burgio (socio della precedente gestione) e il sindacalista della Cildi, Antonino Bignardelli, sono stati tre ex dipendenti della struttura che sarebbero stati costretti a firmare una transazione con la quale rinunciavano a due terzi dei soldi della liquidazione.

Se non avessero firmato l’accordo, ed ecco la presunta minaccia, i lavoratori avrebbero subito la riduzione dell’orario di lavoro da nove a tre ore al giorno “in modo che non avrebbero più potuto sostenere le loro famiglie”. In questa maniera le liquidazioni da ventimila euro sarebbero crollate a sette mila. La denuncia dei dipendenti è successiva alla richiesta di pizzo subita da Gennuso.

Per il deputato è una nuova grana giudiziaria. Nei mesi scorsi era stato arrestato per voto di scambio durante le Regionali del 2017. Il reato contestato in sede di misura cautelare era aggravato dal metodo mafioso, venuto meno davanti al Riesame che lo ha scarcerato. “Non ho mai pensato che il consenso si acquista – ha detto Gennuso al suo rientro all’Ars -. Le preferenze in questi 20 anni di attività politica mi sono sempre arrivate per il lavoro parlamentare che ho svolto”.

Burgio e Bignardelli sono indagati anche per truffa: avrebbero fatto credere “con artifizi e raggiri” ai dipendenti che la società stava per dichiarare fallimento. L’unica speranza per loro era rinunciare a una pare dei soldi.

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