PALERMO – Tornano a volare i corvi nelle stanze dei Palazzi di giustizia e sopra la testa dei magistrati siciliani. Di uno in particolare, il procuratore di Trapani Marcello Viola. Il capo dei pubblici ministeri trapanesi ha ricevuto una lettera inquietante. Una lunga lettera spedita alla sua segreteria che ha fatto scattare lo stato di massima allerta fra gli investigatori.
A scrivere non è il solito anonimo. Stavolta è qualcuno “bene informato” che non si limita a minacciare di morte il magistrato, ma lo mette anche in allarme. Gli fa sapere che “è arrivata qualcosa per lei”. Parole agghiaccianti che costringono la mente a tornare indietro negli anni, al tritolo che Paolo Borsellino sapeva essere arrivato a Palermo per farlo saltare in aria. Era una stagione diversa che gli arresti e i successi investigativi, però, non hanno seppellito definitivamente. Anche allora, era l’estate del ’92, a cavallo fra le due stragi, qualcuno prese carta e penna per scrivere una lettera. Un nuovo corvo si era fatto sotto, dopo quello che nel 1989 accusò Giovanni Falcone e il super poliziotto Gianni De Gennaro di volere consentire al pentito Salvatore Contorno di rientrare in Sicilia per mettersi al servizio dello Stato nella caccia ai latitanti. Nel ’92 la lettera fu indirizzata a trentanove destinatari, fra cui lo stesso Borsellino. Otto pagine per ripercorrere la storia dell’ascesa della Democrazia Cristiana in Sicilia e per dire che un autorevole rappresentante della Dc siciliana, Calogero Mannino, si era incontrato con Totò Riina in una chiesa di San Giuseppe Jato. Parole a cui non sono mai stati trovati riscontri. Nella missiva, però, si parlava pure di dissociazione dei mafiosi, di abolizione del 41 bis e di stop alle confische dei beni mafiosi. Tutti argomenti che oggi sono tornati alla ribalta nell’ambito del processo sulla trattativa fra la mafia e lo Stato. A distanza di anni è arrivata la conferma che il corvo di allora era davvero bene informato.
Come lo è quello di adesso. Nella lettera spedita a Viola si parla delle delicate indagini portate avanti dal magistrato. I grandi sequestri, primo fra tutti quello ai danni del patron della Valtur, Carmelo Patti, e l’inchiesta sull’intrigo della chiesa trapanese che ha portato alla rimozione del vescovo monsignor Francesco Miccichè quando si è scoperto l’ammanco di denaro in due fondazioni gestite dalla curia. Alcuni passaggi della lettera anonima raccontano dell’intreccio perverso fra alte sfere religiose, politica e massoneria. Un intreccio con un grande regista: Matteo Messina Denaro. Ecco, con le sue indagini Viola starebbe scardinando il sistema. Il corvo sa di sapere fin troppo, persino notizie riservate sulla scorta del magistrato, tanto da scrivere che qualcuno potrebbe sospettare che con le sue parole voglia aiutare i magistrati nelle indagini.
La lettera viene presa in seria considerazione negli ambienti investigativi. Non solo trapanesi. È stata, infatti, trasmessa anche a Caltanissetta e Palermo. Una analoga missiva e’ stata spedita pure a Nino Di Matteo, sostituto della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Si tratta di uno dei pm che lavorano all’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Trattativa di cui parla l’anonimo facendo riferimento addirittura a spie che si muovono nei corridoi del Palazzo di giustizia e di magistrati di cui diffidare. Anche in questo caso il corvo dimostra di conoscere delicati argomenti investigativi. Ecco perche’ in Procura sono certi che si tratti di un addetto ai lavori. Forse un investigatore.
Viola è un magistrato sotto scorta. La sua vita, già blindata, lo è diventata ancora di più nell’aprile scorso, quando una macchina gli si è incollata per diversi chilometri in autostrada. È stato solo l’ultimo episodio di una lunga scia di intimidazioni. Dalle lettere minatorie alle scritte in ascensore. Chiari messaggi di morte. C’è un altro episodio, avvenuto sempre a Trapani, che rende ancora più inquietante lo scenario. Lo scorso ottobre qualcuno si è intrufolato nella macchina di Andrea Tarondo, pubblico ministero antimafia e titolare, tra gli altri, del processo al senatore Antonio D’Alì. Gli agenti di scorta hanno notato il finestrino dell’auto abbassato mentre la vettura era ferma nel parcheggio del Palazzo di Giustizia. Nell’abitacolo c’erano alcuni fili scoperti sotto il cruscotto. Gli interrogativi sono tanti: forse qualcuno aveva piazzato una microspia ed è andato a riprendersela? C’è un collegamento con la lettera indirizzata a Viola? E soprattutto: chi è il corvo?