ENNA – La strada per la pancia dei consensi del Partito Democratico è segnalata, sin dall’uscita dell’autostrada Catania-Palermo, da una lunga scia di manifesti abusivi affissi ad ogni angolo tra curvoni e pareti pubbliche, che pubblicizzano la chiusura anticipata della campagna elettorale del Pd. Per l’occasione è stato organizzato un dibattito che vede schierati da una parte Mirello Crisafulli, dall’altra Corradino Mineo, il giornalista capolista del Pd al Senato; moderatore Emanuele Lauria, giornalista di ‘La Repubblica’. La sala era stracolma.
Tema della serata la questione morale e per Crisafulli l’elogio scatta già dalle prime battute. “Mirello ha dimostrato – esordisce Mineo – di essere un vero dirigente politico. Poche persone si prendono una botta come la sua e continuano a lavorare”. Dopo l’elogio, Mirello incassa la solidarietà di Mineo, che attacca i colleghi del ‘Fatto quotidiano’ per “la campagna strumentale portata avanti”. Precisa Mineo: “Ho condiviso la scelta di opportunità, non i modi che hanno portato all’esclusione di Crisafulli dalle liste. Questo non mi impedisce di riconoscere a Mirello di essere un grande dirigente di partito, ma soprattutto lui non è un impresentabile”.
Una mano lava l’altra e Mirello ha una certezza: “Non solo sono presentabile, ma sono testimone di una logica di partito che voglio combattere. È capitato a me, ma poteva capitare agli altri. Non abbiamo motivo di vergognarci di nulla, se questi cittadini sono qui è tutto strumentale e i dirigenti di questo partito hanno fatto scelte sbagliate”. La discussione si fa seria guadagnando da subito il livello di una lectio magistralis. La domanda è semplice: come si fa a misurare la moralità?
Crisafulli si dice “orgoglioso” di essere stato condannato a 4 mesi di reclusione per aver bloccato l’autostrada durante una protesta. Subito dopo illustra alla sala un esempio pratico di come il Pd dovrebbe occuparsi della questione morale: “Noi stiamo andando alle amministrative, ci sono alcuni candidati che sono sotto processo, ma la Cassazione ha stabilito che non c’erano esigenze cautelari. Tu – chiede a Mineo – pensi che il mio partito può scegliere i candidati sulla base degli umori di un magistrato? Io vengo dal Pci – aggiunge il senatore – e queste cose lì non sarebbero mai successe, mai nessuno avrebbe pensato di dare in pasto alla stampa un trofeo come me”.
Il capolista al senato siculo del Pd segue Mirello nel ragionamento: “Sono stato seduto vicino a un signore garbato come D’Alì, il candidato del Pdl, che non non ha alcuna emergenza giudiziaria per quello che so io”. Lo interrompe Crisafulli bacchettandolo: “Non lo sai che è indagato per concorso esterno?”. “Non lo sapevo”, risponde Mineo, che aggiunge: “Mia madre è lontanissima parente di D’Alì, ma non posso non rilevare che i rapporti del suo campiere, anche senza l’indagine, sono sufficienti a suggerire l’inopportunità della sua nomina a sottosegretario dell’Interno”.
Continua Mineo: “Parliamo dei magistrati, non so che dirti su Grasso, hanno avuto un ruolo di supplenza per colpa della politica. Se un magistrato prende le carte come vuole… Io ho visto l’intercettazione con il mafioso che ti riguarda: se viene letta da un magistrato trentino pensa che parli con un mafioso, da siciliano ho visto che parlavi con un mafioso e non mi piace: lui ti chiedeva un favore. Noi dobbiamo pensare a una politica in cui il politico deve fare un passo indietro”.
Arriva la precisazione di Mineo: “Io non c’entro con l’antimafia della carta bollata, fare la lotta alla mafia non vuol dire essere puro, si rischia di finire come al sindaco di Campobello di Mazzara che passava i soldi alle vedove dei mafiosi”. “Questioni di umanità”, dice scherzando Crisafulli. La massima di Mirello: “La propaganda è propaganda, la politica è politica, se facciamo solo propaganda non costruiamo niente di positivo”. Crisafulli non ha alcunché da rimproverarsi: “Il mafioso che ho incontrato era senza condanne perchè la sentenza era stata annullata per incompetenza territoriale, era stato anche candidato alle provinciali e sostenuto da tutta la Procura della Repubblica e dai carabinieri”.
Tutto è pronto ad Enna per le prossime elezioni comunali: “I nostri amministratori sono rinviati a giudizio per piccoli fatti amministrativi che poi vengono chiariti, e voi pensate che io non li candido? Io non ci sto a questa logica e un partito che si piega a questa logica non è un partito democratico. Conosco D’Alì e credo che il suo processo non può essere il metro di misura. Il nostro è il partito di Pio La Torre. In provincia di Enna i mafiosi non passano perchè abbiamo fatto muro”. Quindi la conclusione, di Crisafulli: “La qualità morale della nostra classe dirigente non può essere valutata dalla commissione di garanzia, noi abbiamo una missione da compiere: difendere questa terra”.