PALERMO – “Vent’anni fa l’operazione da cui é nata la seconda Repubblica è stata un’operazione gattopardesca. L’uomo della provvidenza ci ha messo il cappello cambiando tutto per non cambiare nulla, costruendo un blocco Paese che ha dominato e caratterizzato da un uomo che si mangiava i suoi figli, come la sceneggiata di Alfano, il delfino sì delfino no”. Lo ha detto il capolista al Senato del Pd in Sicilia, Corradino Mineo, durante un confronto elettorale organizzato dal Centro Pio La Torre, a Palermo. “Poi c’é anche un’altra questione: non capisco perché il tema della crisi mondiale si rimuove in campagna elettorale – ha aggiunto -. Non sappiamo come ne usciremo e sta durando quanto la grande depressione”.
All’incontro ha partecipato anche Francesco Forgione, capolista di Sel per Palazzo Madama: “Serve una riforma radicale del Codice antimafia – ha affermato -. L’errore di fondo è stata la delega al governo Berlusconi per riscrivere quel codice. Se abbiamo chiaro che le mafie traggono profitto dal ciclo dei rifiuti – ha aggiunto – perché ancora non è stato previsto il reato di ecomafia? Non facciamo una buona lotta alla corruzione se non prevediamo il reato di falso in bilancio e una buona legge sull’ incandidabilità per i partiti che ripuliscono se stessi”.
Ripartire dalla lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, aggredendo i patrimoni dei mafiosi per restituirli allo Stato, per cambiare il Paese, stando attenti a non ‘scadere’ nella retorica e prevedendo nuove fattispecie di reato e potenziando la commissione parlamentare antimafia. Sono alcune delle posizioni espresse dai candidati di Rivoluzione Civile, Scelta civica con Monti, Udc, Megafono, Pd e Sel a Montecitorio e Palazzo Madama durante l’incontro organizzato dal Centro studi Pio La Torre.
“La legge La Torre – ha detto Franco La Torre, figlio del parlamentare del Pci assassinato dalla mafia e candidato alla Camera per Rc – è uno strumento di contrasto efficace e riconosciuto a livello internazionale, ma in questi 30 anni è stato fatto poco per aggredire patrimoni che valgono decine e decine di milioni di euro”. Per l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione (capolista al Senato per Sel), “serve una riforma radicale del codice”. Per il senatore Beppe Lumia (capolista de il Megafono, del governatore Rosario Crocetta per il Senato) cambiare passo è possibile solo se l’antimafia diventa sistemicà. E per farlo propone “un piano strategicò da predisporre nei primi 100 giorni”. Anche Giampiero D’Alia, capolista dell’Udc alla Camera in Sicilia 1, ha puntato sulla necessità di “ottimizzare i tempi per la consegna dei beni confiscati”. L’ex vicepresidente di Confindustria, Ettore Artioli (candidato alla Camera nella lista Scelta civica Con Monti) sostiene che “bisogna alzare l’attenzione sulla tutela delle imprese e dei lavoratori per reinserirle in un circuito economico sano”. “La mafia è una questione nazionale – ha detto il capolista al Senato del PD Corradino Mineo – radicata, se si continua con aste al ribasso, chiacchere e distintivo siamo fregati”.