PALERMO– C’è un pezzo di vetro nel cuore di Francesco. Di notte e di giorno si muove e fa male. C’è un pezzo di vetro nel cuore di chi ha visto morire qualcuno che amava nella strage di Ustica. Questo 27 giugno sono quarant’anni di silenzi, bugie e omissioni. Ma che cos’è la memoria senza la verità?
Immagini di repertorio in bianco e nero. I parenti che aspettano l’atterraggio di un aereo a Punta Raisi. Sarebbero sopravvenuti abbracci e sorrisi, sbadigli e il caldo conforto dell’arrivo, come capita quasi sempre. Quella sera, a Palermo, si materializzò la notizia dell’irreparabile. Ogni sorriso diventò un pozzo di lacrime.
Francesco Pinocchio aveva quattordici anni, dice di se stesso: “Sono un sopravvissuto. Sul Dc9 salì mio fratello Giovanni, che di anni ne aveva dodici, al posto mio e morì con mia sorella Antonella”.
Sembrava un’estate di gioia, dagli annunci di un giugno splendente. Francesco racconta. “Mamma e papà, con Giovanni, erano a Bologna perché mia madre doveva affrontare un intervento di calcoli renali. Il 23 giugno ho sostenuto l’orale della licenza media. Poi io e Antonella, che aveva ventidue anni, abbiamo raggiunto il resto della famiglia”.
Antonella Pinocchio aveva in mente di anticipare i tempi per presenziare a un corso. Loro sono di Monreale. Lei era una ragazza brillante che stava per laurearsi in Giurisprudenza e aveva capito quanto fosse importante l’informatica. Per questo si era procurata un biglietto per tornare prima, accompagnata proprio da Francesco. Papà mamma e Giovanni sarebbero rientrati dopo.
Francesco racconta: “Per Giovanni sarebbe stato il primo volo, perché erano partiti con altri mezzi. Mio fratello, pensi un po’, era un appassionato di aerei, avrebbe voluto fare l’aviatore. Cominciarono le sue insistenze per bruciare le tappe e papà lo accontentò. Così andò lui con Antonella al posto mio”.
Sembrava un semplice scambio, era uno snodo essenziale del destino. “Sì – dice Francesco – mio fratello è rimasto vittima di una tragedia che doveva toccare a me”.
Francesco Pinocchio ora ripete: “Sono un sopravvissuto. Sono d’accordo con chi afferma che Ustica è una vergogna di Stato. Abbiamo chiesto una commissione d’inchiesta europea e non ci rassegneremo mai”.
In cosa speri, Francesco? “Spero che ci sia il giorno della verità. Quel giorno noi familiari saremo sollevati per sempre dall’obbligo della testimonianza, potremo pensare ai nostri cari soltanto con affetto. Potremo piangerli. E basta”. Quel giorno. Il giorno del pezzo di vetro che si staccherà dal cuore per lasciare spazio alla carezza dell’addio.