Mafia a Misilmeri, 3 condanne dopo la denuncia degli imprenditori

Mafia e pizzo a Misilmeri, condanne dopo la denuncia di due imprenditori

Cosimo Michele Sciarabba e Alessandro Ravesi
Addiopizo: "Affrancarsi dal fenomeno mafioso si può"

PALERMO – Tre condanne per mafia ed estorsione. Sotto processo altrettanti affiliati alla famiglia mafiosa di Misilmeri. Queste le pene: Salvatore Baiamonte 11 anni e 8 mesi, Alessandro Ravesi 12 anni e 4 mesi, Cosimo Michele Sciarabba 13 anni e 4 mesi. Cosimo Michele Sciarabba aveva finito di scontare una condanna per mafia. Appena ha messo piede fuori dal carcere, nel 2019, i carabinieri hanno iniziato a monitorarlo. L’anno scorso il nuovo arresto. Venne fuori l’esistenza di un reticolo di onlus per mettere le mani sul trasporto dei malati e sui servizi funebri.

Il giudice Ivana Vassallo ha riconosciuto una provvisionale immediatamente esecutiva a due piccoli imprenditori che hanno denunciato gli esattori del racket e si sono costituiti parte civile. Al loro fianco Addiopizzo che li ha accompagnati e supportati sin dal primo momento. Uno è un imprenditore edile, l’altro è il titolare di un supermercato.

“Connivenza e convenienza”

“Grazie alle denunce, in poco tempo investigatori e magistrati hanno ricostruito gli episodi estorsivi perpetrati da chi faceva parte della famiglia mafiosa di Misilmeri- spiega Addiopizzo in una nota -.
Una vicenda che dimostra, ove ce ne fosse di bisogno, come esistono le condizioni per denunciare in sicurezza e affrancarsi dal fenomeno estorsivo anche nella provincia di Palermo, dove il controllo del territorio di Cosa nostra resta più serrato di quanto possa registrarsi oramai in alcune aree della città”.

“Quello che appare chiaro anche da questa storia e che ci interessa ribadirlo – proseguono dal comitato – è che chi paga per paura riesce a trovare anche dopo tanto tempo una strada per dire basta e affrancarsi dai condizionamenti mafiosi. Oggi però la maggior parte degli operatori economici che paga le estorsioni compie tale scelta non per paura ma per connivenza e convenienza. E su questo è oramai non più rinviabile un aggiornamento dell’analisi e della narrazione sul fenomeno che non è più quello di venti anni fa e che vede la maggioranza di chi paga il pizzo ricercare, più che subire, la “messa a posto”.


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