La moglie di un detenuto: "Mio marito sta morendo in carcere"

La moglie di un detenuto: “Mio marito sta morendo in carcere”

Cristian Calvagno, arrestato per presunta associazione mafiosa, avrebbe tentato il suicidio

CATANIA – Ha tentato il suicidio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dove è detenuto dal novembre del 2024 per associazione mafiosa, il catanese Cristian Calvagno, di 37 anni.

Lo scrive la moglie, Cristina Furnari, di 36 anni, in una ‘implorazione della moglie di un detenuto’ con cui chiede al gip e al procuratore generale di Catania di “intervenire” per “il gravissimo stato di salute” del marito che “sta lentamente morendo”.

“Ho potuto constatare – scrive la donna nell’atto pubblicato dal legale di Calvagno, l’avvocato Giuseppe Lipera – che non fa altro che piangere, parla a malapena e, quando lo fa, chiede singhiozzando di nostro figlio, di otto anni, e della figlia di tre. È stato davvero atroce scoprire che Cristian abbia persino tentato il suicidio e non sopporterei, né la mia famiglia, i bambini in particolare altro modo, un nuovo tentativo o un gesto tanto grave da mettere a pentimento la sua esistenza è quella di tutti noi”.

Il legale di Calvagno, l’avvocato Lipera, ha ‘reiterato’ la richiesta di modifica della custodia cautelare in carcere per le condizioni di salute, chiedendo di accogliere l’istanza o di nominare un perito. Su quest’ultima richiesta c’è stato il parere positivo della Procura.

Secondo il penalista “le due opzioni sono le uniche strade praticabili secondo quanto sancito dalla Corte di Cassazione, ‘tertium non datur'”.

Le istanze, presentate il 31 gennaio e il 6 febbraio scorsi, hanno avuto allegato un certificato medico con cui si evidenziava che il detenuto ha tentato il suicidio “attraverso impiccagione”, stimando anche suo “un elevato rischio suicidiario”.

Calvagno è stato arrestato per associazione mafiosa, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nel novembre del 2014 dalla polizia nell’ambito dell’operazione Meteora nei confronti di 18 presunti appartenenti a esponenti del clan Santangelo di Adrano e della frangia del clan Mazzei di  Catania operante in quel territorio.


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