Il papocchio del sequestro | Procedura non rispettata - Live Sicilia

Il papocchio del sequestro | Procedura non rispettata

Antonello Montante

Il tribunale del Riesame di Caltanissetta fa emergere un vizio nelle procedure del provvedimento che ha colpito il presidente di Confindustria Sicilia, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sarebbe stata data troppa libertà alla polizia giudiziaria. Il sequestro, invece, doveva passare dalla convalida del pm.

PALERMO – Un sequestro generico con troppa libertà di azione per la polizia giudiziaria e per questo inefficace. Un sequestro sostanzialmente sbagliato nelle procedure seguite. C’è un punto a favore della difesa dietro la dichiarazioni di inammissibilità del ricorso contro il sequestro nei confronti di Antonello Montante, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo i legali del presidente di Confindustria Sicilia, gli avvocati Nino Caleca, Marcello Montalbano e Giuseppe Panepinto, vista la “genericità, la non genuinità e la non fondatezza” delle dichiarazioni dei pentiti che tirano in ballo Montante mancava il fumus della commissione del delitto, necessario per fare scattare il sequestro. Di avviso opposto i pubblici ministeri di Caltanissetta. Il Riesame presieduto da Mario Amato offre una terza e inaspettata lettura.

“Nel caso di specie, l’oggetto della perquisizione e del conseguente sequestro disposti dal pubblico ministero – si legge nella motivazione – appaiono connotati da estrema genericità… quanto sopra, unito alla vastissima latitudine del sequestro operato dalla squadra mobile della Questura (decine, forse centinaia, di faldoni, carpette e scatole con documentazione alquanto eterogenea ed attinente a diverse annualità, alcuni Pc, notebook, telefoni cellulari, pen drive ed altre apparecchiature elettroniche rinvenute in decine di sedi, tra appartamenti privati e locali di società) – si legge ancora – imponeva l’emissione da parte dell’organo dell’accusa di un provvedimento di convalida”. Ed ecco il vizio procedurale: doveva essere il pm, secondo il Riesame, a convalidare il lavoro della polizia giudiziaria che “è stata sostanzialmente lasciata arbitra di valutare la rilevanza della documentazione cartacea ed informatica, nonché l’attinenza all’ipotesi di reato di tutte le altre cose rinvenute nei luoghi da ricercare”. La convalida sarebbe dovuta avvenire entro le 48 ore del sequestro. Cosa non accaduta tanto che, annota il collegio, “non avendo il pubblico ministero provveduto in tal senso, l’interessato avrebbe ben potuto attivarsi per la restituzione di quanto soggetto a vincolo ormai divenuto inefficace”.

La procedura applicata è stata diversa. Da qui l’inammissibilità del ricorso. Il Riesame cioè con la sua decisione, di fatto, non è entrato nel merito delle accuse. In sostanza non può pronunciarsi su un provvedimento che a monte non è stato impostato in maniera corretta. Ora ci sono due strade: i difensori possono chiedere immediatamente il dissequestro del materiale e i pm proporne uno nuovo.


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