PALERMO – “Accadrà la stessa cosa, un poliziotto di chissà quale nazione straniera chiamerà per dirci che hanno preso Matteo Messina Denaro”, sussurra un investigatore.
Impossibile non essere suggestionati dalle cronache dell’arresto di Rocco Morabito, il boss della cocaina scovato nei giorni scorsi a Montevideo. Dalla Calabria in Uruguay, dove ha trascorso una dozzina dei 25 anni di una latitanza finita in albergo. “Francisco Antonio Capeletto Souza”, nato a Rio de Janeiro il 14 ottobre 1967 – così si faceva chiamare e così c’era scritto nella sua carte d’identità fasulla – ha commesso l’errore di iscrivere il figlia a scuola con il suo vero cognome. Addio alla copertura da ricco imprenditore nel ramo delle esportazioni.
Probabilmente è la bella vita di Morabito che finisce per assimilarne la figura a quella del padrino di Castelvetrano, la cui fama di miliardario sciupafemmine è ormai leggendaria. E poi c’è la tradizione dei capimafia fuggiti all’estero. Non tutti sono stati arrestati in una casolare sotto casa come fu per Bernardo Provenzano. Solo per fare alcuni esempi: Tommaso Buscetta fu scovato nel 1983 a San Paolo, in Brasile, prima di pentirsi con il giudice Giovanni Falcone; nel 1984 toccò a don Tano Badalamenti finire in manette a Madrid, in Spagna, dove si era trasferito scappando da Cinisi; più di recente, nel 2010, il capomafia agrigentino Giuseppe Falsone aveva scelto Marsiglia per la latitanza; nel 2012 finiva a Bangkok, in Thailandia, la fuga di Vito Roberto Palazzolo, il tesoriere dei padrini. Di fughe all’estero è piena la storia dei boss di camorra e ‘ndrangheta. Per lo più hanno preferito i paesi sudamericani.
E Messina Denaro? Certo un suo errore, come è accaduto per altri, faciliterebbe le cose. Finora non solo non lo ha commesso, ma non sembra neppure farsi sfiorare dall’idea di scivolare su una buccia di banana. Le sue comunicazioni sono rarissime e la tempistica ritardata imbufalisce chi si attenderebbe notizie da lui. Qualche pizzino è arrivato attraverso una rete di cui si perde sempre l’ultimo anello. Non ha mosso un dito neppure quando gli hanno arrestato tutti i parenti e sequestrato ogni bene. Non si conosce il suo segreto, ma certamente lo rende un fantasma.
E si ritorna al sussurro dell’incipit. Nel 2003, secondo una fonte confidenziale e qualificata, sarebbe andato a Caracas, in Venezuela, passando da Amsterdam, mentre altre volte, in passato, sarebbe transitato da Parigi e Bogotà. Gli investigatori arrivarono ad ipotizzare che Messina Denaro si fosse imbarcato sotto mentite spoglie su voli Klm fra il 1997 e il 2003. La fonte confidenziale entrava nei dettagli della vita del fantasma di Castelvetrano, accompagnato da una donna bellissima e non italiana, e avvistato al ristorante Villa Etrusca di Valencia, terza città del Venezuela, dove avrebbe parlato con alcuni boss del narcotraffico.
La passione per i viaggi di Matteo Messina Denaro, oggi cinquantacinquenne, è entrata in parecchi atti giudiziari. Si è parlato di Austria, Svizzera, Grecia, Spagna e Tunisia. Magari qualche giorno è lontano da casa che lo scoveranno. Magari in un albergo, come è accaduto per Rocco Morabito. Nel frattempo gli altri cadono, uno dopo l’altro. Lui, no e di anni di latitanza ne sono trascorsi 24. Messina Denaro è sempre in cima alla lista dei più pericolosi ricercati del mondo.