Morire di lavoro all'Amat | Gli operai: "Ci sentiamo a rischio" - Live Sicilia

Morire di lavoro all’Amat | Gli operai: “Ci sentiamo a rischio”

La tragica morte di Francesco Franzella, operaio dell’Amat, pare sia solo un incidente fortuito: gli operai infatti ricordano la sua mano come una delle più esperte. Le voci che arrivano dal deposito di via Roccazzo, però, rimandano ad un luogo in cui la sicurezza non risulterebbe tra le priorità.
Parla un meccanico (parlano tutti senza nome, per tutelarsi), spiegando quali strumenti quotidianamente utilizza per la manutenzione: “Dovremmo lavorare con macchinari a norma CE, – dice – ma in realtà, se manca qualcosa, ce la costruiamo noi. Una volta – continua – ne abbiamo buttato uno tra i ferri vecchi, perchè inutilizzabile. Il giorno dopo ce lo siamo ritrovati di nuovo davanti”.

Una volta in officina – raccontano – hanno portato anche una macchina a gas: “L’abbiamo fatta togliere noi. Non c’era neanche un dispositivo elettrico capace di rilevarne le perdite”. E ancora: “Le ispezioni? E quando mai?”, un altro: “Le ispezioni le fanno, ma sappiamo qui come vanno le cose”. “Qui si frigge sempre con lo stesso olio” commenta l’operaio di un altro reparto. E come lui la pensano altri: “Ci sono due problemi fondamentali: l’età avanzata, che fa arrivare prima la stanchezza; e il numero degli operai: siamo pochi, assillati, estenuati. Se il mezzo deve uscire non possiamo fermarci. E nella fretta possono capitare le distrazioni”. I dipendenti Amat raccontano che già da tempo non ci sono più concorsi. E quindi neanche un ricambio.

Solo quattro-cinque mesi fa il deposito è stato teatro di un’altra morte accidentale. “L’operaio che è morto era di una ditta esterna – racconta il capocantiere – stava rifornendo un mezzo di acqua, quando non hanno risposto i freni del mezzo alle sue spalle. Ed è rimasto schiacciato”. Ma gli operai si lamentano anche perchè non ci sono più mezzi per il soccorso d’emergenza. “Prima c’erano due ambulanze all’interno dell’area – spiega ancora il capo deposito – ma poi sono diventate troppo vecchie. Neanche “La Casa del Sole” alle spalle dell’autoparco ha più il pronto soccorso. Dobbiamo aspettare che le autoambulanze arrivino dall’Ingrassia. Ma ci mettono dieci minuti”. Diversamente la pensa un operaio: “Ieri – dice – il 118 ha impiegato mezz’ora ad arrivare”.

Chi è venuto a lavorare questa mattina si è fermato per un minuto di raccoglimento in memoria dell’operaio morto ieri.”Sua moglie – racconta un dipendente – ci ha detto di aver tentato di dissuadere il marito dall’andare a lavorare. Era qui anche domenica”. Un gran lavoratore dunque, ma che credeva poco nei sindacati: “Secondo lui – ricorda un meccanico – erano tutti ladri”.




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