La procura di Palermo ha depositato al processo contro il prefetto Mario Mori e il colonnello dell’Arma Mauro Obinu i verbali di interrogatorio di Massimo Ciancimino. I due ufficiali sono sotto processo per non aver catturato l’allora superlatitante Bernardo Provenzano nel 1995 quando era stato localizzato a Mezzojuso. I fatti che Massimo Ciancimino racconta sarebbero il frutto delle lunghe conversazioni col padre Vito, sindaco e amministratore del “sacco” di Palermo, nel suo ultimo squarcio di vita. Ciancimino jr chiarisce come lo spunto di pubblicare un libro con le verità di Don Vito fosse sorto dal fatto che un nipote potesse chiamarsi proprio come il nonno, Vito. E, per rendere più agevole il portare un nome così pesante, doveva essere rivelato il sistema nel quale Don Vito è stato inserito in quarant’anni di vita pubblica italiana.
Sequestro Moro. “I Servizi hanno avuto un ruolo sempre chiave, specialmente dopo il sequestro Moro (…) mio padre mi disse che era stato pregato per ben due volte, di non dar seguito a delle richieste pervenute per fare pressione su Bernardo Provenzano perché si attivassero per potere interferire, per quantomeno aiutare lo Stato nella ricerca del rifugio di Aldo Moro”. E’ il racconto di Massimo Ciancimino ai magistrati sul sequestro del presidente della Dc e sui contatti fra uomini dello Stato e Cosa nostra. “Mio padre diceva – continua Ciancimino jr – che tali richieste potevano pervenire al suo paesano Riina da altri gruppi o esponenti politici, se ciò fosse avvenuto, mio padre doveva convincere il Provenzano a non immischiarsi in questo affare, nel senso gli avrebbe detto al Provenzano: se tu sai che il tuo amico Riina o chi viene da lui, settori Lima, questi di qua, fanno pressione affinché voi possiate, tramite la banda della Magliana, tramite amicizie che avete… … allora c’era uno a Roma…”. Un “mafioso grosso”: Pippo Calò.
Il Dc9. “Ci fu un grande movimento, mi ha detto mio padre, dei Servizi Seg… dei Servizi, con mio padre, fu nel 1980, non mi posso scordare, 19 giugno 1980”. Ciancimino racconta della strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno 1980. “Tanto per cambiare ero punito – contnua Ciancimino jr – ne avevo fatta una della mie ed ero costretto ad accompagnare mio padre al Circolo Lauria a un torneo di carte (…) mi ricordo che proprio quella sera ci fu la cosa di Ustica, la strage di Ustica, mio padre fu chiamato subito, andò via (…) mio padre si incontrò uno o due giorni dopo col Ministro Ruffini… mio padre subito mi ha raccontato, allora mi disse che era successo un casino e che doveva vedere, fece andare a chiamare l’On. Lima, fece andare a chiamare altre situazioni, altri personaggi, e quando ho chiesto a mio padre realmente cosa fosse successo, mio padre mi raccontò che già allora il primo momento si seppe della storia dell’aereo francese che per sbaglio aveva abbattuto il Dc9 e che bisognava attivare un’operazione di copertura nel territorio affinché questa notizia non venisse per niente… e qualora ci fosse stato bisogno di interventi di qualsiasi tipo loro dovevano tenersi: cioè dovevano poter contare su mio padre”.
L’omicidio Mattarella. Massimo Ciancimino quanto suo padre gli rivelò. “Mi disse che aveva avuto rapporti coi servizi e aveva avuto anche incontri perché voleva spiegazioni visto l’anomalia, mio padre diceva, dell’esecuzione dell’On. Mattarella, mio padre a sua volta anzi mi raccontò che aveva parlato con un poliziotto, forse con Purpi, gli aveva raccontato che secondo lui c’era la mano anche dei servizi nell’omicidio Mattarella, che mi disse che ne aveva parlato con un poliziotto, col dottor Purpi sicuramente, gli aveva raccontato tutta sta storia”. Qual’era l’anomalia dell’omicidio Mattarella? “Che si erano serviti di manovalanza romana legata alle, non so, ai brigatisti rossi, neri, non mi ricordo che colore era” risponde Ciancimino (…) sì, è stato uno scambio di favori – continua – sull’omicidio dell’On. Mattarella e mio padre mi disse che di questo ne parlò credo con Purpi”. Una notizia che non gli arrivava direttamente da Cosa nostra ma che sarebbe stata confermata a Don Vito dal suo contatto con i servizi segreti, il famigerato Franco o Carlo di cui parla spesso Massimo Ciancimino. “Poi mio padre era restio a fare domande dirette su questa situazione, mi diceva sempre che ne faceva il meno possibile, dice: la prima che io avrei voluto fare a Provenzano era quella di Scaglione che era mio fraterno amico”. Ma Don Vito non riusciva a darsi pace. “Mio padre non si giustificava, certamente non poteva trovare giustificazione nell’assenza di manovalanza, non capiva e chiese spiegazione al Provenzano come mai in occasione di un eccidio così feroce, così eclatante, non si adoperava la prudenza anche di lasciare tutto in un territorio stagno, perché rendere partecipi e a conoscenza un’altra organizzazione che ha dei fini che sono completamente diversi dal vostro”. Ma Provenzano non avrebbe mai risposto, ribadendo solo che si fosse trattato di “uno scambio di favori”. “E mio padre mi disse – riprende a raccontare Massimo Ciancimino – ‘non ho voluto approfondire perché non… perché i favori di sta gente a volte dice, sono disastrosi e deleteri’”.
Il delitto Reina. “Mio padre mi ricordo che una volta rimase scioccato quando gli fu detto che l’omicidio Reina era stato fatto per fare un favore a lui, mi ricordo mio padre rimase scioccato, perché mio padre dentro di sé aveva tutta un’altra convinzione”. Ciancimino jr riapre un altro capitolo, quello dell’eliminazione del segretario palermitano della Dc Michele Reina, avvenuto il 9 marzo 1979. Originariamente sarebbe stata convinzione di Don Vito che l’omicidio di Reina sarebbe derivato dall’episodio in cui il politico, nella strada dello stadio di Palermo, aveva investito un vigile urbano che stava sbarrando la strada alla sua auto. “Praticamente gli dissero che lui con la macchina allo stadio non poteva entrare, disse: ‘io sono Segretario della Dc’, gli disse così e tirò dritto con la macchina. Era di quei tempi, ricordiamoci …” spiega Ciancimino. Ma, secondo quanto ricorda il figlio di Don Vito, il politico era inviso a Totò Riina. “Questo episodio (l’incidente allo statdio, ndr) suscitò assieme a altri nella gestione di un appalto di una gara, suscitavano invece le ire del Riina che definivano il Reina inaffidabile e incontrollabile. Addirittura il Riina sosteneva che Michele Reina si stava sempre più avvicinando alla corrente di mio padre”.La confidenza a Don Vito sarebbe stata fatta da Bernardo Provenzano. “Quindi mio padre dentro di sé maturava, ha maturato, però l’idea non è stata mai, che il Riina per impedirgli un controllo su un personaggio di punta perché diceva sempre mio padre che Michele Reina era il cavallo di punta della corrente di Lima, che se non si fosse fatto l’omicidio Reina, Mario D’Acquisto non avrebbe avuto tutto lo spazio che aveva perché il cavallo per cui aveva sempre puntato Lima per la prossima candidatura a deputato o a presidente della Regione era Michele Reina, tolto di mezzo Michele Reina si poteva puntare sull’enfant prodige di Mario D’Acquisto che stava bene al Riina come stava bene al Provenzano tramite amicizie del Lipari perché abitavano accanto in una zona di Punta Raisi, vicino all’AZ10 D’Acquisto aveva la casa dove ce l’aveva pure l’avvocato Di Maggio e Lipari, dice, per cui hanno fatto salottino e stanno puntando su D’Acquisto. Per cui l’idea che Michele Reina fosse stato ammazzato perché era contrario alle mie correnti, alle mie cose, mi sembra completamente sballata, dice, secondo me era stata fatta una storia interna perché non lo governavano più, fondamentalmente diceva mio padre che era la verità perché lui andava a consultarsi giornalmente da mio padre perché era rimasto molto dell’atteggiamento che aveva avuto la corrente di Andreotti (…) e mio padre 2 – 3 delibere grosse con l’aiuto di REINA le aveva fatte passare, con la successiva incazzatura dell’On. Lima ”. Una “tragedia” in piena regola, secondo il racconto di Massimo Ciancimino. Riina e i suoi avrebbero eliminato Reina adducendo poi che fosse stato fatto favore di Don Vito. “Per dare spazio a mio padre perché dice che si doveva venire a formare una corrente tra Michele Reina, Nicoletti, di aggancio con la sinistra (…) mio padre questo non lo digerì mai devo dire perché lui devo, proprio mi ricordo quando morì Michele Reina, i pianti che si fece proprio, si sentì male, perché ci credeva molto e poi gli piaceva, era affascinato, mio padre di solito non è affascinato da questi personaggi”.