PALERMO – Totò Riina è morto. Si chiude una pagina di storia italiana. La domanda è secca: lo Stato ha vinto su Riina? Altrettanto secca è la risposta del procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi: “Lo Stato ha sconfitto l’idea folle di Riina e di altri esponenti mafiosi di fare la guerra allo Stato e quella ancora più folle di vincerla sovvertendo le regole costituzionali. Lo Stato ha vinto continuando a rispettare la legge e la Costituzione”. E aggiunge: “L’attacco allo Stato è stato il più grosso errore strategico di Riina e ha avuto ripercussioni pesantissime su Cosa Nostra, di cui alcuni mafiosi si sono ben resi conto”.
Il primo pensiero del procuratore, appresa la notizia della morte dei padrino corleonese è andata alla parole di Giovanni Falcone sulla finitezza della vita e di ogni fatto umano, Costra nostra inclusa. Ed è l’aspetto umano che ha suscitato la sua riflessione che suona come un invito per i boss: “C’è da chiedersi, e da chiedere agli uomini di Cosa Nostra, se valga la pena finire in carcere o venire ammazzati, fare questa vita e imporla ai propri familiari, o se non sia meglio piuttosto decidere di intraprendere un’altra strada. Chi si è dissociato in questi anni ha detto di averlo fatto per i propri figli”.
Nessuno ha la sfera di cristallo e Lo Voi evita previsioni azzardate per il futuro: “Solo le indagini ci consentiranno di capire quale sarà la nuova struttura, anche di vertice, di Cosa Nostra, dopo la morte di Riina. Inutile fare ipotesi su cosa accadrà, sarebbero velleitarie”.
Di una cosa, però è certo: “Cosa Nostra resta fedele alle sue regole, che la vogliono dotata di una struttura verticistica”. Sarà dunque inevitabile che i boss cercheranno di rispondere alla “esigenza di avere un capo. Le regole sono la garanzia della sopravvivenza dell’organizzazione. Muore Riina ma non finisce Cosa Nostra. Scompare quello che tuttora, nonostante la detenzione, era il capo della mafia, e si apre una nuova stagione. Ma Cosa Nostra non è finita”.
E nell’imponderabilità del futuro c’è anche l’eventuale ruolo che potrebbe rivestire Matteo Messina Denaro. Non c’è certezza alcuna che sarà lui a prendere il condo dell’intera Cosa nostra. È un latitante atipico Messina Denaro, che sa come nascondersi, ma “sono portato a ritenere – aggiunge Lo Voi – che per la sua caratura e per le sue caratteristiche, la sua parola dovrà essere sentita”. Senza dimenticare, però, che Riina prima ancora di essere il capo dell’intera Cosa nostra, guidava la commissione provinciale di Palermo. E Palermo non è Trapani.
Muore Riina, protagonista, secondo le ricostruzioni dell’accusa, di un attacco allo Stato che sarebbe stato spinto da personaggi che non facevano parte di Cosa nostra o ne avrebbe accolto una favorevole convergenza di interessi. Il ruolo di soggetti politici o istituzionali e dei possibili mandanti esterni è un tema parecchio discusso e fa parte del processo che si celebra a Palermo sulla cosiddetta Stato-mafia. Un processo avviato quando Lo Voi non era ancora procuratore di Palermo. Sull’argomento il capo dei pm taglia corto: “Non parlo dei processi in corso. Mi sono impegnato affinché ci fossero le migliori condizioni per lo svolgimento del processo e mi impegno per capire quali sono e saranno gli assetti di Cosa nostra. Quello che possiamo fare come procura lo facciamo in una proiezione giudiziaria. Tutto il resto è materia di approfondimento per altri”. Come dire: non resta altro da fare che attendere l’esito del processo senza alcun commento.
Una cosa, però, sulla stagione delle stragi la aggiunge: “Non è che l’idea della guerra allo Stato sia maturata solo con l’ascesa al potere di Riina, basta pensare a delitti e stragi avvenuti prima che questi prendesse il comando. La differenza è che Riina ha pensato di fare di questo non più una tattica ma una strategia, pensando di far cedere lo Stato, di imporgli modifiche legislative, di prevenire leggi sfavorevoli”. Ma lo Stato alla fine ha vinto.