Morti in carcere, l'allarme: "Un triste appuntamento settimanale"

Morti in carcere, l’allarme: “Un triste appuntamento settimanale”

La nota sui suicidi carcerari della Camera penale Serafino Famà

CATANIA – Morti in carcere, un dato allarmante e un numero che alza sempre di più l’attenzione sulla situazione carceraria dei detenuti in Italia. Sono 30 i suicidi nell’anno appena trascorso, un valore della vita che vola via, che evidenzia disagio e si contrappone al concetto di recupero e qualità della vita da rispettare.

Un dato che ha trovato il parere della Camera Penale di Catania Serafino Famà che ha voluto consegnare tramite il suo presidente avvocato Francesco Antille e il vice presidente avvocato Vittorio Basile.

Morti in carcere, “Serve una commissione”

“È tempo di proporre una commissione di inchiesta – scrive il presidente Antille in un comunicato – troppe carcerazioni e la riforma della cautela è letteralmente fallita e la maggior parte dei detenuti in attesa di giudizio dovrebbe restare ai domiciliari. Altro nodo, non aver più investito nell’edilizia carceraria e i Tribunali di Sorveglianza purtroppo non rispondono alle vere esigenze della domanda di giustizia in esecuzione. Lo Stato deve mostrare i suoi muscoli perché le strutture penitenziarie annoverano condizioni di vivibilità assurde e da quarto mondo, senza dimenticare un cronico sotto-organico delle forze di sorveglianza”.

“Se non si vede la luce oltre il tunnel si rischiano altri morti. Ormai è un appuntamento settimanale con i suicidi in cella – conclude il presidente Antille – molti si sono indignati per le catene della Salis in Ungheria. Ma non esiste solo la Salis e dovremmo guardare un po’ a casa nostra”.

“L’angolo più buio”

Riflessione che trova il parere anche del vice presidente della Camera Penale di Catania avvocato Vittorio Basile: “Qual è il limite alla nostra vergogna? Quale numero dovrà essere raggiunto per pensare che la misura sia colma? O forse pensiamo che non ci riguardi perché in fin dei conti le persone perbene in carcere non ci finiscono e per essere lì qualcosa avranno pur fatto. Eppure se vogliamo continuare a pensare di essere espressione di uno stato di diritto, di un paese civile, di una democrazia occidentale dobbiamo cominciare a guardare nei nostri angoli bui, e questo è il più buio di tutti”.

“La realtà è che il terribile dato dei suicidi – prosegue Basile – e, più in generale, delle morti in carcere ci riguarda direttamente. Le cause sono tante ed è difficile individuarne una che prevalga sulle altre: le strutture sono fatiscenti e sovrappopolate; la gestione sanitaria è certamente difficoltosa, ed è sostanzialmente del tutto assente per coloro che hanno problemi di natura psichica per i quali l’unica soluzione è la prescrizione di psico-farmaci con l’aumento dello sviluppo delle dipendenze”.

“L’indifferenza dei governi – conclude Basile – è quella della freddezza dei numeri dei sondaggi politici sulla presa degli argomenti, e nessuno vorrà mai sporcarsi le mani con le carceri fin quando qualcuno in Europa ci richiamerà ai nostri doveri o alle nostre coscienze, o fino a quando la vergogna non ci avrà finalmente sopraffatto”.


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