CATANIA – È appena volato a Londra per l’European Poker Tour, uno dei più prestigiosi circuiti europei di poker sportivo a cui concorrono poker player di Texas Hold’em e altre varianti provenienti da tutto il mondo. Catanese, classe 1989, Luca Moschitta è certamente uno dei professionisti più promettenti in Italia e all’Estero, nonché il più giovane SuperNova Elite al mondo. E anche se, grazie al volume incredibile su mani giocate on line, è riuscito a mettere da parte ben due Porsche usando i suoi FPP, ci tiene a precisare: “nel poker, come in ogni campo, è importante salire di livello gradino dopo gradino, senza bruciare le tappe”. Di rientro nella sua città solo per poche ore, prima dell’appuntamento londinese, Luca si presta volentieri a quattro chiacchiere.
A Malta hai da pochissimo ricevuto il PokerListing Award, soddisfatto?
“Parecchio, non capita tutti i giorni di essere premiato perché considerato da personalità competenti un giocatore che è riuscito ad ispirare gli altri nel coltivare la passione per il poker. È un premio nuovo e ambizioso, è un onore averlo ricevuto”.
A Catania il poker rappresenta una realtà?
Ci sono un sacco di ragazzi che ci giocano, il problema principale però è che l’Italia è sprovvista di una normativa in grado di regolare la materia, consentendo l’organizzazione, all’interno del territorio nazionale, di tornei dal vivo. Così i giovani sono costretti a viaggiare o a giocare on line.
Durante un torneo quanto gioca la fortuna?
C’è bisogno di abilità e anche di fortuna, certo. Io ho cominciato prima dei 18 anni per divertimento attraverso quelle applicazioni che trovi in rete, su facebook o in altri social network , poi una volta maggiorenne ho creato un account sul sito di poker online depositando una cifra molto bassa. Più o meno 50 dollari, cioè 35 euro, e da li ho cominciato a giocare le partite più basse in cui il vincitore si aggiudicava un montepremi di circa 10 dollari meno la tassa di iscrizione. Era un divertimento e iniziavo a vincere, dopo tre mesi riuscii difatti a comprarmi il motorino e fu una grande soddisfazione. Finalmente potevo andare a scuola con qualcosa guadagnato attraverso la mia passione”.
I tuoi come l’hanno presa?
All’inizio non particolarmente bene, per anni il poker è stato considerato nella nostra cultura un tabu, il classico gioco che rovina psicologicamente ed economicamente chi lo pratica. Poi, considera che entrambi i miei genitori sono insegnanti, dunque la loro paura era quella che io mi facessi coinvolgere totalmente dal gioco dimenticando lo studio. Quando hanno capito che il mio intento non era quello di abbandonare il mio percorso formativo e vedendo passo dopo passo i miei successi nel poker si sono tranquillizzati. Adesso mia madre è la prima che si fa le partitine con le amiche puntando rigorosamente 50 centesimi!
A proposito, sei iscritto ad Economia aziendale all’università di Catania. Come riesci a conciliare studio e poker?
“Negli ultimi due anni mi sono preso un periodo di pausa: non è facile combinare lo studio con il gioco perché entrambi richiedono preparazione e concentrazione. Adesso che nel poker ho raggiunto i risultati per i quali mi sono impegnato in questi anni, mi concentrerò sugli esami che mi mancano per concludere la carriera universitaria”.
Si parla sempre più spesso di ludopatia, la dipendenza dal gioco coinvolge anche molti giovani. Ai tuoi coetanei cosa ti senti di dire?
“Mi piacerebbe essere un esempio per loro. Spesso ricevo sul mio profilo facebook o su twitter messaggi di ragazzi particolarmente presi dal poker. Il mio consiglio è sempre quello di non esagerare consci del fatto che i livelli di professionismo in questo gioco si attestano all’1%. È fondamentale sponsorizzare la cultura del poker quale gioco divertente, di abilità e soprattutto meritocratico”.