Né con Forza Nuova | Né con il Gay Pride - Live Sicilia

Né con Forza Nuova | Né con il Gay Pride

Il Gay Pride, colorato, simpatico, un contenitore di rivendicazioni opportune. Ma siamo sicuri che non ci sia un errore nascosto? (la foto di Andrea Tuttoilmondo è presa da facebook)

Non sto con Forza Nuova. Trovo i suoi richiami alla famiglia bacchettoni, fanatici, ossessivi. Mi piacciono le famiglie. Non mi piace la patologia familiare. Tuttavia, penso che Forza Nuova abbia il diritto di esprimere ciò che ritiene opportuno, anche se – secondo la mia visione delle cose – è inaccettabile.

Non sto con il Gay Pride, perché – per personalissimo parere – è una manifestazione involontariamente propensa all’apartheid, per quanto affermi con diecimila ragioni il contrario. Traccia un confine tra masse, che è molto di più che qualificare gli individui secondo le loro peculiarità, accettando il principio basilare della convivenza e del confronto (ognuno è sempre diverso da un altro). Il Gay Pride risponde a un distorto dibattito pubblico con una sotterranea polemica sociale, cadendo nello stesso errore dei talebani. Legittima difesa? Forse, ma di fatto si ammette l’esistenza di un recinto. Poi si può discutere da che parte del cancello guardare le facce di donne e uomini. E tuttavia la parata del Gay Pride non è un’offesa al buongusto. Sfiorando il problema a volo radente – e prescindendo dal resto che è tanto – perché il Gay Pride sarebbe sconcio e il tifo negli stadi, per esempio, no?

Mi rifiuto di inquadrare le persone secondo categorie collettive, se non è proprio necessario. Mi rifiuto di porre troppi aggettivi o sostantivi a corredo di un nome e di un cognome. Mi interessa sapere se prendo il caffé con un mafioso, con un assassino, o con qualcuno che ha seguito strade irredimibili. Altrimenti, non valuto i miei interlocutori, partendo da uno schema ideologico, sessuale, o comportamentale, che è insieme dritto e il rovescio della medaglia delle ossessioni degli estremisti. Incontriamo continuamente – ed è un’esperienza comune – juventini, comunisti, pagnottisti, credenti, islamici, spinecalnanealisti, seminaristi, cuochi, aspiranti cantautori, centravanti in disuso, meccanici, carrozzieri, innamorati, disabili, falsi abili anormali e gente come me, convinta che la normalità sia un’invenzione letteraria, come l’anormalità.

Preferisco regolarmi con gli occhi, le parole, i sentimenti e i pensieri, secondo l’irripetibile ricchezza dell’esperienza. Ed è la gioia più profonda del mio mestiere, oltre la scrittura, il rapporto con singolarità che mi insegnano sempre un briciolo di saggezza in più. Nella vita di un cronista si impara che nessuno è la copia di qualcuno, che c’è un tesoro nascosto dietro le ombre.

Perciò non sono in accordo con questi uomini e queste donne sotto una bandiera arcobaleno, con le labbra rosse, le ciglia finte e le zeppe. Ne adoro l’ironia, ma sarebbero più rivoluzionari in giacca, cravatta e tailleur, spiazzando tutti.  Sono convinto che vadano, in buona fede, nella direzione sbagliata, sulla rotta latente del pregiudizio. Che ha bisogno di un preambolo, di un manuale di istruzioni per l’uso, di un testo sacro, della visita di un medico, del permesso di un prete, di un diniego condiviso o avversato, per giustificare l’amore.


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