PALERMO – Furono tutti arrestati nel blitz che azzerò, l’anno scorso, il clan mafioso del rione Noce. Ora è scattato il sequestro dei beni per Fabio Chiovaro, Giovanni Matina, Gaspare Bonura e Giovanni Seidita. Valgono complessivamente – tra attività commerciali, case e macchine di lusso – oltre otto milioni di euro.
Dalle indagini degli uomini della sezione Misure di prevenzione della questura di Palermo arriva la conferma che le agenzie di scommesse e gli internet point sono la nuova frontiera per riciclare i soldi sporchi di Cosa Nostra e fare affari d’oro.
In manette, nell’ottobre 2012, finirono 41 persone a conclusione del lavoro investigativo della Sezione criminalità organizzata della Squadra mobile. L’imposizione del pizzo era l’attività principale. Nessuno veniva risparmiato: dalla grande casa di produzione cinematografica al noto ristoratore Nino u ballerinu di corso Finocchiaro Aprile. L’organizzatore generale di produzione di “Magnolia Film”, che stava girando la fiction “Il mistero dell’acqua”, dovette cedere di fronte a pressioni e minacce costanti. E così acconsentì all’assunzione del personale dell’agenzia dei fratelli Castagna. Antonino Buffa, questo il nome del re del pane con la milza, era costretto a pagare la retta della scuola della figlia di Chiovaro.
Fabio Chiovaro, secondo l’accusa, condivideva lo scettro del potere con Franco Picone, anziano e carismatico capo. Finito in carcere nell’ottobre del 2010, era stato costretto a farsi da parte fino a maggio del 2011, quando, una volta tornato in libertà, si riprese il bastone del comando. La prima gatta da pelare fu il conflitto con un gruppo di scissionisti. Alcuni ribelli, approfittando della sua assenza, avevano provato a scalzarlo. Li chiamavano gli stiddari. Alla fine erano tornati nei ranghi.
E fu dalle carte dell’inchiesta, intercettazioni comprese, che vennero fuori i nomi e i ruoli anche di Matina, Bonura e Seidita oggi raggiunti dal provvedimento di sequestro disposto dal Tribunale. C’era troppa differenza fra i redditi dichiarati e quelli reali. E i poliziotti sono risaliti alla rete dei prestanome che gestivano le attività.