PALERMO – I furti in casa sono la spia di un malessere sociale. La crisi economica spinge i ladri a piombare nelle abitazioni altrui. A razziare quel che trovano. A diventare violenti, se necessario.
Lo sa bene il questore di Palermo, Nicola Zito, uno che non ama i riflettori. Ha la schiettezza di chi preferisce lavorare nell’ombra. Di chi i numeri ama studiarli “per conoscere meglio la città”. Ci offre una prospettiva di lettura diversa che parte da lontano. Da sei anni fa, quando si capì che l’Italia, la Sicilia e Palermo stavano sbattendo contro il muro della crisi. Da allora il numero dei furti nelle abitazionii, non è un caso, è in continua crescita. Tutti gli altri reati hanno, invece, la caratteristica di mantenersi costanti nel tempo. “Se consideriamo il rapporto fra il 2012 e il 2013 i furti in casa sono cresciuti da 3100 a 3200 – dice Zito -. Ma se guardiamo al rapporto con il 2007 sono schizzati dell’84 per cento. Qui troviamo il dato della crisi economica. Sono reati che non prevedono grande specializzazione criminale. A volte viene rubata anche la spesa”.
Rispetto all’anno scorso sono cresciuti del 23% anche scippi e borseggi, mentre sono per lo più stazionari i numeri delle rapine con un leggere calo di quelle ai danni dei negozi. A conti fatti, considerando tutti i reati, senza distinzione alcuna, c’è stato un incremento generale del 15 per cento. “A cui abbiamo risposto con il 18 per cento di arresti in più – spiega il questore -. Non lo dico come dato auto celebrativo, ma per ribadire ai cittadini che noi ci siamo”.
Zito non è un tipo che cerca complimenti: “Io per primo so che i dati potrebbero essere migliori. Mi augurerei che fossero migliori, ma essere riusciti a non fare degenerare la situazione è un successo. Non siamo mica nel Nord Europa. Io sono meridionale, come lei, e sappiamo che Palermo è una città grande dove Cosa nostra è presente e la situazione economico-sociale è difficile. Amia, ex Pip, forestali, la Formazione professionale, basta aprire il suo giornale on line per conoscere cosa accade ogni giorno in città”.
Forse è anche per questo che il Ministero ha avuto un occhio di riguardo per Palermo nella geografia delle questure italiane: “Io non sono mai contento. È normale che non lo sia, ma rispetto alla situazione generale ho avuto 50 agenti assistenti in più. C’è stato anche un ringiovanimento della pianta organica. Ci sono fasce orarie con 26 o 27 pattuglie in circolazione”.
Tutto merito anche del “piano industriale” avviato tre anni fa, con il suo arrivo a Palermo. Da allora per Nicola Zito la parola d’ordine è diventata “sistema”. “Noi, noi” continua a ripetere. E non si riferisce solo ai suoi uomini, ma a tutte le altre forze dell’ordine. Poliziotti, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia municipale, Asp, capitaneria di porto: tutti insieme, ogni settimana, siedono attorno allo stesso tavolo per programmare i cosiddetti Cit, controlli integrati del territorio. “Discutiamo ogni settimana. Non ci sono piani straordinari da attuare – spiega -. In ogni grande città avviene sempre qualcosa. Allora ho pensato di organizzarci tutto l’anno. Ho trovato piena sintonia nel sindaco, nel presidente della Regione e in quello dell’assemblea regionale. In tutte le altre forze dell’ordine. Mettiamo sullo stesso tavolo la sicurezza pubblica e quella urbana. Facciamo un lavoro normale. Niente di straordinario. Però facciamo sistema perché è impensabile credere che la sicurezza di una città debba passare solo dall’intervento di una voltante”.
Poi cita un esempio per cercare di fare comprendere quanto difficile sia il lavoro sul campo. Tocca il dolente tasto dei posteggiatori abusivi: “È un impegno quotidiano. Nella maggiora parte dei casi ci troviamo di fronte a stranieri irregolari. Li portiamo in Questura, ma poi ci vogliono i posti nei Centri per l’identificazione e l’espulsione. E così vengono rimessi sul territorio. Capiamo il malessere dei cittadini, ma non siamo inerti. Il problema immigrazione è più complesso”.
Li fermi, li arresti, e ti li ritrovi laddove li avevi beccati: tutto ciò non è frustrante? “Ci vorrebbero 80 o 90 posti al giorno. Non è frustrante, è un dato, che non ci ferma però. Siamo lì, a dargli fastidio. Ogni giorno, ogni giorno. Pensate ai grandi eventi, ai concerti. Di parcheggiatori non se ne trovano più. È un ottimo risultato. Piano piano piano troveremo la soluzioni anche nel resto della città. Volete che i parcheggiatori non diano fastidio anche al questore? La competenza dovrebbe essere della polizia municipale, ma noi ci siamo assieme a carabinieri e finanza. Non è che ci siamo svegliati ora, ma è difficile risolvere il problema in poco tempo”.
Città complicata Palermo dove controllo del territorio e ordine pubblico sono imprese difficili. Specie se accanto alla disperazione per il lavoro che non c’è si affianca la presenza ingombrante della mafia. Perché la mafia “è indebolita, ma c’è – spiega il questore -. E la lotta alla mafia passa dal controllo del territorio e dall’ordine pubblico. Le faccio un esempio. A piazza Kalsa abbiamo rimosso il chiosco (quello della famiglia Abbate che ha sempre imposto la propria legge nel quartiere. La legge di Cosa nostra ndr) È sequestrato? Ce lo portiamo via. Finito. Ragioniamo per atti. E’ fin tropo chiaro che è stata un’attività antimafia. Quando la ripeti ogni giorno, la sensibilità generale cresce. La città ci sta dando aiuto. Rispetto al passato la gente segnala le persone sospette che entrano in banca per fare una rapina. La cultura dell’antimafia è questa. Quella che passa dalla quotidianità e dallo stipendio che non diamo più agli ex Pip legati alla mafia”.