PALERMO – Era tutto pronto. Il commando di morte era entrato in azione. Fece retromarcia perché c’erano dubbi sull’identificazione della vittima e il sospetto che i killer fossero stati filmati dalle telecamere. C’è la storia di un omicidio mancato e di un imprenditore vivo per miracolo nell’inchiesta che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 29 persone a Niscemi. Il blitz è dei carabinieri del Comando provinciale di Caltanissetta e del Comando territoriale di Gela.
Nel mirino, a fine gennaio 2023, era finito il titolare di un grande negozio di elettrodomestici ed elettronica. Alberto Musto, considerato il capo mandamento di Gela, avrebbe voluto eliminarlo perché circa 10 anni prima lo aveva denunciato e fatto condannare per estorsione.
Era stata rubata la macchina da usare per l’agguato, una Jeep Renegade. Una delle pistole, una Smith & Wesson modello 686, calibro 357 magnum, doveva essere fornita dai presunti killer che arrivavano da Catania. Non se ne fece più nulla. Intervennero i carabinieri e bloccarono il piano di morte sul nascere. Qualche mese dopo, a marzo, Musto in contrò il commerciante per strada. “Bastardu e sbirru… ti ammazz, “t’haia ‘mazzari curnutu”, gli urlò.
“Questo gesto eclatante non aveva – ha spiegato il procuratore di Caltanissetta, Salavatore De Luca – solo una funzione di vendetta. Vi è una frase in cui Musto afferma: ‘Punirne uno per educarne cento'”. Doveva essere un messaggio per stoppare altre denunce.