“Sono a casa, le ho mandato una foto, scattata in un piccolo momento di relax. Pensa che vada bene?”. Ma certo che va bene, dottore Baldo Renda, primario della Terapia intensiva Covid dell’ospedale ‘Cervello’ di Palermo. Da quant’è che vediamo medici vestiti come in un film di fantascienza e infermieri che si schiantano sulle ambulanze, tramortiti dalla fatica, e occhi di lepri in fuga che ci scrutano da caschi futuristi, presi dal timore della tagliola-Covid? Ed è purtroppo necessario, nella densa cronaca di un calvario quotidiano. Ma che bello cogliere un dottore catapultato brevemente dalla trincea in un contesto familiare, con i piatti da esposizione sullo sfondo. E’ un’immagine che speriamo ci porti fortuna, in una salita che sembra, qualche volta una discesa, per poi risalire bruscamente, lungo le strade tortuose di una pandemia.
Eccolo dunque, Baldo Renda, uno dei medici palermitani premiati dal Presidente Mattarella con una onorificenza. Gli altri sono Aroldo Rizzo, direttore sanitario di Villa Sofia, Tiziana Maniscalchi, direttore del pronto soccorso dell’ospedale ‘Cervello’, Francesco Pitrolo, direttore della Cardiologia del ‘Cervello’.
“Apprendo con gioia di questi riconoscimenti, che fanno onore alla nostra Azienda. Al contempo colgo l’occasione per manifestare più ampiamente un vivo ringraziamento a tutto il personale dei nostri ospedali per l’abnegazione e l’instancabile impegno profuso durante la pandemia”. Questo il commento di Walter Messina direttore generale dell’azienda ospedaliera Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia -Cervello.
Dottore Renda, cominciamo con un pizzico di sorridente leggerezza: lei è commendatore, ha ricevuto un’onorificenza come Dino Zoff e gli altri azzurri, dopo il Mundial di Spagna. E come tanti altri che si sono distinti. E’ orgoglioso?
“Ma guardi non me lo aspettavo. Ho incontrato il Presidente Mattarella a casa sua, a Palermo. E’ stato un incontro commovente, pieno di parole di conforto e di gratitudine. Sono colpito e commosso”.
Torniamo alla realtà, come va in reparto?
“Siamo in una fase complicata e speriamo che non arrivi il collasso, anche se lo temiamo. In Terapia intensiva gli ingressi non sono abnormi, ma si avvertono, segno, comunque, che i vaccini funzionano alla grande, se pensiamo al numero di contagiati”.
In che proporzione sono i ricoverati non vaccinati?
“Oggi, su quattordici pazienti, quando sono andato via, c’erano tredici non vaccinati. Meno male che c’è il vaccino, altrimenti sarebbe stata una catastrofe molto più atroce di com’è”.
Il punto qual è?
“Che i positivi sono tanti e intasano i reparti. Le faccio un esempio: noi abbiamo un giovane ricoverato per un brutto politrauma ed è da noi perché è positivo, anche se non è il Covid il suo problema”.
Uno scenario esponenziale.
“Appunto, tutti quelli che hanno una patologia o un infortunio o altro, se si scoprono positivi, finiscono in un reparto dedicato al Coronavirus. Con conseguenze di potenziale caos immaginabile, purtroppo”.
Il vostro paziente tipo?
“Il settantenne non vaccinato che, disgraziatamente, non ce la fa quasi mai. Ed è non vaccinato perché poco informato, perché il suo medico l’ha consigliato male o perché i figli non lo hanno aiutato. Tutte persone che avrebbero avuto una cospicua speranza di guarire, se si fossero protette”.
E poi ci sono i no vax…
“Che hanno un atteggiamento spesso ostile e che non vogliano essere curati. E’ molto difficile avere a che fare con loro, quando dobbiamo pregarli di salvarsi e rifiutano la terapia. E’ capitato e continua a capitare”.
Come si procede in questi casi?
“Cercando di convincerli. Un’attività che richiede giorni e si ferma davanti al no di chi pensa che il Covid sia una bufala e il vaccino l’emblema di un complotto mondiale. Si perde tempo ed è un ritardo con esiti fatali”.
Un caso particolare?
“Un uomo di cinquant’anni che ha detto no fino all’ultimo, prima di crollare. Non so come gli sia finita. L’abbiamo mandato all’Ismett. Era fermo nelle sue convinzioni e ci trattava come persone a cui fare o non fare un favore”.
La buona notizia?
“Non ci sono pazienti con la terza dose”.
Dottore Renda, affrontare una pandemia è un tantino più complicato che vincere un Mondiale, voi come state?
“Siamo stanchi, aspettiamo il tramonto del Covid come tutti. Andiamo avanti, anche se non ne possiamo veramente più”.