Un anno fa, Rosario Crocetta, sempre in tivù – e sempre dai fraternissimi Massimo Giletti e Klaus Davi – tanto per fare bella figura fece un annuncio clamoroso: “Abbiamo abolito le province”. Ovviamente fu una fanfaronata, giusto per non chiamarla nella sua crudezza: una bugia. Il pittoresco presidente della Regione siciliana, infatti, ha solo sbaraccato le vecchie amministrazioni, vi ha messo i suoi fidatissimi commissari regionali. Il famoso Antonio Ingroia, buono ormai per cantare nei matrimoni, giusto ieri lo ha nominato a Trapani. Praticamente un luogotenente di Crocetta che così si prende tutti i poteri per diventare, di fatto – dopo il precedente storico di Garibaldi – il secondo dittatore di Sicilia.
Cose di un anno fa: col progetto insano di fare in Sicilia i “liberi Consorzi”, tre aree metropolitane e le unioni di Comuni – una delle quali con Gela, la sua ridente cittadina, eletta capoluogo – quando in tutta Italia le aree metropolitane sono nove, costose il doppio rispetto alle vecchie province. L’anno, intanto, è passato. Non fate sapere però a Giletti che il disegno di legge presentato tre mesi fa dalla Giunta di Governo è stato riscritto cinque volte perché inapplicabile. Il bilancio, poi – quello dei piccioli – è prossimo al fallimento. Da tre mesi, infatti, i dipendenti regionali non ricevono lo stipendio. Ma non fatelo sapere neanche a Gian Antonio Stella, la severa firma del Corriere della Sera, solitamente delicata con Crocetta che oltre ai soldi, al Pappagone di Sicilia, gli si è volatilizzata anche la maggioranza. Gli sono rimasti i grillini, presi all’amo della furba demagogia, sottomessi al punto dell’allucinazione – l’abolizione delle province – di fare da stampella a Pappagone perché si sa: gli innocenti, portati al palazzo, diventano sempre assai utili. Carne babba di furba manovra.