PALERMO – Processarlo due volte sarebbe stato troppo, nonostante il reato sia tra i più infamanti. E così il giudice ha emesso una sentenza di non luogo a procedere per ne bis in idem. Non si può essere processati due volte per uno stesso reato. In questo caso l’imputato era già stato condannato a 12 anni di carcere. Ha iniziato a scontarli nel 2011.
L’uomo, che di mestiere faceva dei piccoli lavori edili, ha violentato per anni le figlie. E mentre abusava di loro le filmava. La storia venne a galla grazie a due denunce. La prima fu presentata in un paesino della provincia di Palermo dove si consumarono gli abusi sulla figlia di nove anni. Il processo fu incardinato al Tribunale di Termini Imerese. E arrivò la condanna. Solo che, qualche tempo dopo, fu presentata, stavolta a Palermo, una seconda denuncia. L’uomo, oggi cinquantenne, avrebbe approfittato anche della figlia più grande. Il secondo processo, però, nonostante i sospetti, si concluse con l’assoluzione. Ed è da questa seconda denuncia che è nato il dibattimento celebrato davanti al giudice per l’udienza preliminare Lorenzo Matassa che riguardava la sola registrazione video effettuata dal padre durante gli abusi.
È stato il difensore dell’imputato, l’avvocato Rosanna Vella, a fare notare che ci si trovava di fronte agli stessi fatti già giudicati (nel capo imputazione della prima condanna era inclusa la contestazione per il materiale pedo pornografico), nonostante il pubblico ministero avesse chiesto una condanna a dieci anni. Si trattava di un caso di ” ne bis in idem sostanziale” come quello su cui si è pronunciata la Cassazione nel 2016: “Non può essere avviato un nuovo procedimento né può darsi corso ad un ulteriore processo penale in relazione al medesimo fatto, anche se questo sia considerato giuridicamente diverso”.
Al di là del linguaggio giuridico, secondo il legale – e il giudice ne ha accolto la tesi – i fatti erano sostanzialmente quelli già giudicati in precedenza. Da qui il proscioglimento.